venerdì 24 maggio 2013

La diceria dell'untore.


Alcuni ignominiosi individui per mascherare la loro ridicola debolezza hanno pensato bene di utilizzare il venticello della calunnia. Qualche stupido mistificatore ha fatto girare, nei giorni scorsi, un'assurda ipotesi: la candidatura dell'avvocato Angela Vecchio avrebbe unicamente lo scopo di fare perdere le elezioni all'eterno ragazzo, e fare vincere Ernesto del Campo. Ma come se non bastasse, ha insinuato pure che il marchingegno sarebbe stato pensato e concordato niente che poco di meno con il senatore Firrarello. In cambio il nostro candidato a Sindaco dovrebbe ricevere non meglio precisati incarichi al Comune di Bronte. Chi ha messo in giro questa balla è certamente un miserabile pusillanime che ha paura di confrontarsi lealmente in una competizione elettorale. Sappiano i detrattori che il nostro candidato a Sindaco Angela Vecchio è persona della cui serietà e integrità morale nessuno può dubitare, e che la nostra proposta politica è quanto di più lineare e trasparente esista.
In assoluta coerenza con noi stessi e con il nostro modo di essere abbiamo messo in campo una classe politica nuova di zecca,  che si appoggia sulle solide capacità e altissime competenze del nostro candidato a Sindaco. Il nostro è l'unico progetto politico che possa definirsi di sinistra, noi siamo la sinistra che tiene alle necessità  dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati. Noi possiamo veramente progettare il futuro della nostra città, non avendo fatto un operazione per il potere, ma bensì per il governo della nostra comunità. Noi non abbiamo cercato innaturali e vergognose alleanze come altri, perché l'esperienza di questi anni insegna, che a voler vincere a tutti i costi con operazioni di potere, poi chi ci rimette  è sempre la città e i cittadini.
L'eterno ragazzo e il suo partito hanno scelto la strada peggiore, quella fatta di accordi indigesti e forse inutili.
Vi è da chiedersi che fine hanno fatto le parole gridate ai quattro venti in questi anni dai vertici della congrega dei detentori della verità, con le quali si avversava con forza il modo di essere degli altri, i quali pasticciavano accordi politici inutili e dannosi. Che fine hanno fatto gli strali lanciati contro i vari Agati, Del Campo  e via dicendo? Misteriosamente gli accusatori assumono il ruolo degli accusati e per dare una possibilità all'eterno ragazzo non si vergognano di raccogliere chiunque, senza guardare in faccia nessuno. La loro tanta millantata diversità fa a finire nel cesso. Li scopriamo peggiori degli altri che per anni hanno accusato. Forse puntavano il dito non perché diversi, ma perché non c'erano le condizioni per fare quello di cui essi accusavano gli altri di fare.
Adesso il re è nudo hanno gettato la maschera, e tutti sanno che questi sono peggiori di quelli che, a parole, dicevano di avversare.
Poi qualcuno per mettere la ciliegina sulla torta tira fuori la miserabile diceria. Una sorta di diceria dell'untore, la diffonde subdolamente, si avvicina a parenti ed amici e la sussurra vigliaccamente, perché questi possano raccontarla ad altri e così via dicendo, nella speranza che molti abbocchino. Ma qualcosa forse non è andata per il verso giusto. La congrega dei detentori della verità, dopo avere sbandierato ai quattro venti la loro potenza elettorale, si ritrova, con grande delusione degli alleati, a mettere in campo una listicina, composta da sedici candidati, di cui tre forestieri e lo stesso eterno ragazzo candidato in mezzo agli altri per fare numero.
Qualche attendo osservatore si chiederà ma in questa operazione il centro-sinistra sta tutto nella listicina raffazzonata e ridicola messa in campo dall'eterno ragazzo? E la potenza di fuoco di cui si diceva dov’è?
La verità è che senza gli antichi politici politicanti l'eterno ragazzo sarebbe rimasto ai box di partenza. Oggi può partecipare alla competizione, perché il suo, ormai partito senza ritegno, gli consente di stare con chiunque come le meretrici nel postribolo.
Quanto a noi, l’eterno ragazzo non lo abbiamo mai tenuto in alcuna considerazione, essendo lui perdente per sua naturale vocazione e per perdere, che tra l’altro gli riesce tanto bene, non ha bisogno di alcun aiuto.
Comunque lo abbiamo dimostrato con i fatti di essere i soli ad avere messo in campo un’operazione politica che si può definire di centro sinistra, l'unica che può battere la destra delcampiana e che ha idee e progettualità buone per il governo della città.
Rosso di Sera

sabato 20 aprile 2013

Un'ora segnata dal destino.


E' giunto il tempo in cui tutti si occupano della cosa pubblica per la ricerca del bene comune. E' un momento contingente, durerà da qui al nove giugno, poi si tornerà alla vita di sempre e solo un manipolo di folli, quanto irriducibili, resterà in trincea. Del resto è quello che abbiamo fatto in questi cinque anni, sin dal giorno dopo la proclamazione del risultato che certificò la schiacciante vittoria di Ernesto Alfonso sul suo inconsistente avversario. Ed è quello che continueremo a fare a prescindere dal risultato, perché il nostro impegno non si esaurisce con la tornata elettorale.
Così capita che gaudenti signore o signorine, attori consumati, mistificatori di professione, incapaci conclamati, politici politicanti, anche un nostalgico dei Borboni (Mah!), sono ora in auge e li trovi pressoché ovunque, pronti a sciorinare soluzioni immediate per problemi antichi, a contrastare e discutere su fb di qualunque argomento con saccente presunzione. C’é anche la signorina che inneggia al nuovo e proclama ai quattro venti la sua candidatura, salvo scoprire che fa parte di una coalizione guidata da un signore che è in campo ininterrottamente da quindici anni.
L'eterno ragazzo guidato dal suo mentore, si accorda con i neo democristiani, ultimo avamposto di un partito che non c'è più, un contenitore politico dentro il quale c'é il peggio della politica politicante di questi ultimi quindici anni. Ci ritrovi quelli che sono stati con tutti quelli che vincono, essi alimentano un sistema antico fatto di becere clientele, che è contrario ad ogni cambiamento, gente sempre a caccia di un osso da rosicchiare o di un assessorato da far fruttare. Per non parlare di altri che all'eterno ragazzo si sono accodati, individui che hanno vissuto tante stagioni politiche, vecchi dinosauri, che vengono da un passato remoto, e ne hanno fatte di cote e di crude. L'eterno ragazzo o meglio ragazzotto, si crede furbo, tant'è che per celare momentaneamente gli impresentabili, designerà altri come assessori, salvo poi immediatamente sostituirli con i  vecchi arnesi della politica detentori dei pacchetti di voti. E sì l'eterno ragazzo si è fatto furbo, o meglio è guidato da vecchi cani, che se pur senza denti e quindi incapaci di mordere, lo telecomandano dall'alto della loro bassa esperienza. Comunque si sente già sindaco, perché confortato dal vecchiume, che i vecchi cani gli hanno messo attorno e da una stupida e disinibita ambizione personale, che è sintesi del suo essere politicamente inconsistente. Costui che pur di arrivare mette insieme tutto e il contrario di tutto, che ha raccolto il peggio di ciò che c’è  in giro, rappresenta un vero pericolo per se stesso e per gli altri.
Chi vuole può immaginare la nostra città governata dall’eterno ragazzo e dalla corte dei miracoli che gli sta attorno: un vero disastro. 
Noi che in questi anni l’ho abbiamo combattuto, non vorremo che il giorno dopo l’improbabile vittoria del garzoncello, i nostri concittadini sospirando abbiano a dire  “aridatece er puzzone”, anche se  “er puzzone”, resta sempre quello da battere ed è ormai certo, che quelli del PD per vincere una competizione elettorale devono gareggiare da soli.
Per questi motivi noi faremo la nostra battaglia e vinceremo pure.
Rosso di Sera

mercoledì 27 marzo 2013

Il fissatore.



Non  è un oratore, non è uno scrittore, non è un uomo politico di razza. Il suo linguaggio di concionatore è, come si dice volgarmente, “una pizza” è trito, mediocre, inzuppato di luoghi comuni, privo di originalità stilistiche o lessicali, fosse pure di ricalco, banali e princisbecchiane.  La sua prosa è terra terra, cinerea e arida, prosa di ginnasiarca scadente.
Come uomo politico ebbe a suo tempo una breve stagione,  che chiuse senza infamia, ma senza epicedi degni di memoria, senza provocare rimpianti, senza lasciare speranze, promesse, preconii di ritorno.
Uno che non si è rassegnato alla rovinosa caduta e alla pesante batosta elettorale impartitagli: covando e realizzando propositi di rivalsa con asburgica volontà di potenza, abbandonandosi sotto una gentilonesca  compostezza di tipo inglese.  E tuttavia condannato a ritenere definitivo il proprio tramonto di finto capo, di conducente del sgangherato carrozzone, di mediatore, di esponente, trascurato nelle stagioni di ordinaria amministrazione, di sornione tollerante, ignorato dal suo partito e relegato ad un ruolo di rappresentanza.  Il suo mentore al primo fil di fumo della baracca, ai primi strilli di gazzarra municipale si galvanizza, sprizza scintille, s’affaccia, per ragioni di parentela,    ad ogni tribuna televisiva improvvisata. Sotto quella fronte pensieri si traducono in messaggi e profezie da passionario. Si direbbe che il nuovo Elia dovesse essere da un momento all’altro rapito nei cieli della città, sul suo carro avvolto da tetri bagliori di fiamme. Ma si tratta soltanto di un procellario  che batte stanche ali lungo la rotta di un truce bastimento.
Mentre Lui, il candidato, sepolto nella sua leggenda, catafratto nel suo mito, si è costruito un monumento, nel quale si ammira, nel quale adora se stesso. Il suo mentore torna a lanciare messaggi, profezie e ultimatum, reclama la disperazione, il bando degli avversari politici dalla vita civile delle libere competizioni, egli abituato a più alti e importanti lidi, che postulano riposi mentali e accensioni tribunizie di piazza, isterismi comiziali e scomuniche.   Riesce a raccogliere un gruppo di neo-democristani per fare da puntello al candidato, mettendo assieme un codazzo fatto di politici politicanti capaci di tutto. Falsifica l’anagrafica politica, contrabbandando il vecchio o meglio l’antico, come nuovo di ritorno. Svende con disinvoltura l’ultimo scampolo d’ eredità ai transfughi  neo-democristiani,  per  assecondare la vanità e l’amor proprio di qualcuno, che poi in fin dei conti non è nessuno.
Rasputin

martedì 26 marzo 2013

Favole della Giungla Randazzese.



Strani giorni seguirono all'incontro avvenuto nel Paese delle steppe fra il villico Gorilla e l'Orso Siberiano.  Il Formichiere, che del primo era suo suddito servile, molto si agitò e predicò per convincere i neofiti abitatori della Giungla, delle pacifiche intenzioni dell'Orso e della buona e salda amicizia che ormai lo legava al Gorilla.
Ma i neofiti abitatori della Giungla per quanto ingenui, non erano fessi. Ben lungi dunque, dal dare credito al Formichiere, messaggero delle proprie opportunistiche speranze, si accinsero ad aspettare gli eventi, sì che questi, in qualche maniera, potessero confortare l'ottimismo di quelli che sognavano l'Orso siberiano alleato zelante e disarmato del Gorilla, oppure convalidassero il pessimismo di coloro i quali, a causa della giovane età, e aggiungiamo non senza ragione, paventavano e valutavano i rischi di una siffatta alleanza.
Nulla accadde, nei primi tempi dopo lo storico incontro, che potesse dare ragione agli uni o agli altri ma alla lunga si dovette prendere atto di un certo distacco mostrato dagli amici dell'Orso verso i sudditi del Gorilla. Quest'ultimi si resero conto che le cose non andavano secondo quanto invece loro ripetutamente assicurato, il giorno in cui i seguaci dell'Orso siberiano incominciarono ad agitarsi e cercare approdo verso altri lidi. Fu questo fatto che li indusse a scoprirsi e a far intendere anche a quelli che ancora non l'avevano capito, che il branco dell'Orso siberiano insensibile ai desideri del Gorilla non poteva più godere della loro riverenza.
Ebbe così inizio lo smarcamento tattico che vide schierati da un lato il Gorilla e gli animali che sino a quel giorno l'avevano avversato per la pericolosa sua indulgenza verso i servi dell'Orso, e dall'altro appartenenti a questi ultimi le bestie più diverse: il bavoso Lumacone, la Puzzola, i Vermi, molti Pecoroni notabili, il Pavone.
Sino a poco tempo prima, i membri di questo branco eterogeneo avevano ostentato una rispettosa obbedienza al dictat dell'Orso siberiano, benché alcuni di loro gli avevano mostrato una vivace ostilità, proprio per quel suo indulgere alle teorie del Gorilla; ma che non fosse questo il motivo di tanto rancore lo si vide proprio quando il gruppo capì di essere diventato un branco di complemento dei servi del Gorilla. Molti allora capirono che uno solo era lo scopo che muoveva tante bestie: la voglia del potere, con relativa divisione dei ricchi prodotti della Giungla.   L’ incredibile alleanza fra il gruppo dei Vermi, del Lumacone, della Puzzola e di tutti gli altri più sopra elencati, con gli animali sino a ieri considerati nemici da combattere, dette il via ad una sorta di disorientamento  da far tremare i polsi al Formichiere.  Per cercare di rinsaldare i legami, i sudditi del Gorilla con a capo il Formichiere passarono dalle parole ai fatti; passaggio che, alla maggioranza degli abitatori della Giungla, parve stranamente facilitato da quel branco di bestie della specie più diversa ma tutte affamate di potere.
"Bisogna abbattere il governo del Giaguaro", farfugliò il Formichiere: "Bisogna abbatterlo!", fece eco il Gorilla, "Abbattiamolo!" fecero tutti gli altri; e per dar colori nobili ai loro bassi rancori ed ai loro interessi personali, tutte le bestie che facevano parte della nuova sacra alleanza trovarono un motivo sfruttatissimo: la lotta contro i fantasmi di una classe dirigente già sepolta da tempo. Si estraneò la Puzzola, decisa ormai ad appestare l'intera Giungla.
In quel preciso momento abbaiarono più forte i cani. Eran una razza di vecchi cani. I quali ringhiarono ferocemente contro tutti quelli che erano contrari al Formichiere. Mentre raccontiamo questa favola nella Giungla randazzese la battaglia è ancora in corso. Si mormora che la Puzzola appestatrice sarà levata sulle code fino al posto di comando; si sussurra che sta per venire l'era del Lumacone. Di questo avviso non sono però i servi del Gorilla i quali vorrebbero schiacciare Vermi, Pavoni, Vipere e Lumaconi per fondare una Giungla nella quale regni il Formichiere. I Pecoroni notabili bofonchiano che ciò non è possibile, ma lo dicono solo per farsi forza, per non sentirsi responsabili e per non perdere la faccia.
Soltanto i vecchi cani abbaiano sempre più forte. Paghi di avere conquistato, nella lotta, la Libertà di sottocoda, sfogano il loro gaudio e fissano cupidamente le giovani prede, che nessuno oserà loro contestare.  Mentre da parte del Giaguaro nessuna reazione, ma ad alcuni questo non parve un segno di debolezza o di resa, bensì di resistenza. Ma in questa resistenza passiva fidano i suoi numerosi nemici. Il Giaguaro sarà sconfitto, e andrà via con annesso pianto sulla porta di casa.  La sconfitta del Giaguaro sarà causata dai suoi stessi ex pupilli e dai suoi interessati nemici, ma si troverà in molta compagnia. 
La favola è dunque incompiuta, ma anche così com'è contiene una morale: non sempre i Giaguari sono come li vorrebbe il villico Gorilla, a meno che la vecchiezza non li renda trepidi e cauti sino alla resa. Altre morali ancora possono scaturire da questa favola incompleta: guardatevi dai giovani di ritorno e da certi branchi che fingono d'operare nella difesa della Giungla, soltanto per riempirsi il ventre dei prodotti della Giungla. E se anche il Gorilla e il suo fido Formichiere non vi convincono del tutto, aspettate la conclusione della favola, prima di cedere alle Puzzole e ai Vermi. Aspettate perché la favola non è finita e benché questi siano tempi da Cani e da Puzzole, non è detto che la gran maggioranza degli abitatori della Giungla sia rassegnata a farsi appestare dagli ideali fasulli, paralizzare dalle bave dei Lumaconi e atterrire dalle minacce del  Gorilla. La favola infatti, continua.
                                                                                                                              Rosso di sera

giovedì 9 agosto 2012

De profundis.


Veramente sconsolante è ciò che sta avvenendo in questi giorni. Il Sindaco, acclamato al tempo della sua elezione, come il nuovo profeta messianico che ci avrebbe guidato verso un radioso avvenire, sta preservandoci l'ennesimo boccone avvelenato. La strategia infida é come quella vista nei film di Hitchcock, una dose giornaliera di veleno per causare una morte indolore che non lasci traccia. Così sta lentamente portando la nostra città verso una lunga ma irreversibile agonia.
L'ultima disastrosa trovata è ormai arcinota: il cosiddetto project financing per la realizzazione dell'ampliamento del cimitero. Il finanziamento dell’opera si aggira intorno ai 13 milioni di euro. La sola progettazione costerà un milione e duecentomila euro, mentre l’indennità da corrispondere al responsabile del procedimento (trattasi di un dipendente comunale) é di centoventimila euro. Cifre da far accapponare la pelle.
Tredici milioni di euro per realizzare circa 3.000 posti tra loculi, avelli e cappelle. L’impresa aggiudicataria dovrà poi vendere ai cittadini il loculo o la tomba. Insomma una vera e propria privatizzazione del cimitero.
Oltre alla vendita di ciò che sarà realizzato, l’ impresa avrà la gestione esclusiva dell'Intero cimitero, quindi tutto dovrà passare attraverso questa: dalla pulizia, alla progettazione, alle inumazioni, alla manutenzione ordinaria e straordinaria e così via dicendo. La società Concessionaria diverrà di fatto  padrona del cimitero comunale. Con facoltà di imporre ticket, balzelli e pagamenti vari a proprio piacimento.
Non convince neanche lo strumento usato del project financing. Basta farsi un giro per la rete e si può verificare che molti esperti della materia lo sconsigliano, e qualora sia utilizzato invitano a ponderare bene. La previsione degli incassi é fondamentale: se il cimitero non dovesse rendere come previsto, rischierebbero il default sia l’ impresa, che l'Ente committente. Per essere pratici, qualora i randazzesi scoppiassimo di salute e la vendita dei posti al cimitero andasse male, l'impresa potrebbe fallire, trascinando con sé anche il comune che é il committente. Un rischio altissimo, che significherebbe la definitiva rovina della città. Questa é la ragione per cui la stipulanda convenzione non solo prevede la costruzione e vendita dei posti, ma anche la gestione complessiva del cimitero, al solo fine di consentire all'impresa di massimizzare gli utili, ad esclusivo danno dei cittadini. In pratica potremmo ritrovarci anche a pagare l'area che si respira entro il perimetro cimiteriale. Accadrà che fare una visita a un proprio congiunto defunto divenga un lusso.
La vicenda dei project financing é molto controversa ed è contestata da molti, a tal punto che in alcuni comuni (vedi Modica) si é pensato a un referendum consultivo. Da noi Ernesto Alfonso ha semplicemente  acquisito un parere di un avvocato, come se il futuro della nostra città potesse dipendere da un parere legale; costato per di più 1.200 euro.
Quello che invece si rende evidente è: nessun incontro con i cittadini, nessun incontro con i sindacati, nessun incontro con i partiti politici, in pratica nessun coinvolgimento della città. Unico luogo di dibattito  il consiglio comunale: peraltro ormai svuotato di qualsiasi potere decisionale. Prova ne è  che nonostante il Consiglio abbia espresso la volontà di non portare avanti questo folle progetto, lui Ernesto Alfonso se ne frega e tira dritto per la sua strada. Per il nostro Sindaco il civico consesso, eletto da noi cittadini randazzesi e quinti rappresentativo di tutti, è un inutile intralcio istituzionale da sminuire il più possibile.
Nel tipico atteggiamento delcampiano ci sta anche di negare l'evidenza: dicevano i latini "Verba volant, scripta manent". Ma qui anche ciò che è scritto è relativo ed assume il significato che Ernesto Alfonso ritiene opportuno dargli secondo la sua convenienza. Quando si fa rilevare che, gli articoli 17 e 18 della convenzione tipo che il comune dovrà stipulare con la società concessionaria, di fatto fanno diventare questa padrona assoluta del cimitero. Il Sindaco che fa? Niente semplicemente nicchia e fa spallucce.  Poi fa dire a qualcuno dei suoi: "Ma il capitolato non ne parla". Con tutto il rispetto, chi se ne frega del capitolato che è semplicemente un documento annesso alla convenzione e che conta relativamente. Ciò che regola il rapporto é la convenzione. A tal fine si ricorda che dicesi convenzione l'accordo tra due o più soggetti, con il quale gli stessi regolano questioni di comune interesse.  Chiaro signor Sindaco! Ne consegue che il rapporto tra il Concedente e la Concessionaria è regolato dalla convenzione, mentre il capitolato è il documento che contiene il dettaglio delle opere e delle modalità realizzative delle stesse.
Sorge un altro legittimo dubbio: ma lo schema di convenzione non deve essere approvato dal Consiglio Comunale?
Per una migliore conoscenza della questione ci pregiamo qui riportare gli articoli 17 e 18 della convenzione in questione.  In fine, un amico l'altro giorno, mia ha detto: "Mio caro, siamo come Cavaradossi nelle mani di Scàrpia; purtroppo non possiamo sperare nella notizia che Napoleone ha vinto a Marengo.......".
Rasputin
Art. 17 Attività di gestione della Concessionaria
La Concessionaria assume la gestione sia dell'ampliamento cimiteriale in progetto, che del cimitero esistente, dopo l'aggiudicazione e la sottoscrizione della Convenzione, intendendo comprese nella stessa le seguenti funzioni amministrative ed attività:
- istruttoria ai fini del rilascio di tutte le "concessioni cimiteriali", ivi comprese la predisposizione e stipula dei contratti di concessione cimiteriale relativi ai loculi realizzati, la gestione delle tariffe e dei diritti per le attività stesse;
 - gestione dell'archivio cimiteriale e dei registri previsti dal Regolamento di "Polizia Mortuaria", limitatamente alle opere realizzate;
- attività di vigilanza e controllo nel rispetto del Regolamento di Polizia Mortuaria, delle altre norme vigenti e del presente "disciplinare";
- rapporti con Uffici Comunali relativamente a statistiche, ecc.;
- manutenzione ordinaria e straordinaria di reti e manufatti realizzati e/o interferenti col plesso di loculi realizzato;
- attività di pulizia e guardiania, negli orari di apertura al pubblico, della struttura realizzata;
- attività di ricezione delle salme, tumulazione, estumulazione;
- gestione lampade votive limitatamente alla zona di ampliamento realizzata dallo stesso concessionario;
- smaltimento rifiuti cimiteriali;
- inumazioni;
- qualunque attività necessaria alla corretta gestione del cimitero;
- tutti i servizi aggiuntivi offerti in sede di gara, da intendersi di seguito integralmente richiamati e trascritti.
Tutte le attività di gestione saranno organizzate e svolte nel rispetto del Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con "D.P.R. 10/09/1990, n. 285" e nel rispetto del vigente Regolamento Comunale.
 Per tutta la durata della concessione, resta attribuita alla Concessionaria la facoltà di organizzare i servizi di cui al comma precedente, anche avvalendosi di prestazioni di servizi esterni, nel rispetto delle norme vigenti.
 
Nei rapporti con i terzi, il personale della Concessionaria dovrà mantenere un comportamento corretto, tale da garantire l'adempimento degli obblighi relativi al servizio.
Tutti gli oneri di gestione, nessuno escluso, sono a carico della Concessionaria.

Art. 18 Esclusiva
Al fine di garantire il rispetto e l'attuazione del piano economico finanziario predisposto dalla Concessionaria per il recupero del capitale investito e la remunerazione dello stesso attraverso la concessione in uso e la gestione delle opere, per tutto il periodo di durata della Concessione, il Concedente si impegna a non realizzare alcuna nuova opera nell'ambito del cimitero esistente, salvo l'eventuale completamento di opere in corso di esecuzione o già appaltate, senza aver preso accordi con la Concessionaria e a riconoscere alla stessa l'esclusività degli interventi. L'eventuale violazione dell'obbligo di esclusiva costituisce inadempimento grave e comporterà la facoltà della Concessionaria di risolvere il contratto, salvo ogni ragione di danno.

CAPO IV
CORRISPETTIVI E GARANZIE

Art. 19 Oneri di realizzazione e di gestione
La Concessionaria realizzerà e gestirà le opere e i servizi con oneri completamente a suo carico. Il Comune non anticiperà alla Concessionaria alcun tipo di contributo, corrispettivo o indennizzo, risultando la Concessionaria completamente compensata con il riconoscimento delle somme di cui all'articolo 20, derivanti dalla gestione funzionale ed economica delle opere realizzate.

Art. 20 Tariffe - Oneri concessori
La Concessionaria per le opere realizzate e per le prestazioni generali svolte avrà diritto, a fronte della concessione in uso di loculi/ossari a percepire da terzi i corrispettivi in appresso indicati, come previsti nel Piano Economico-Finanziario asseverato, presentato in sede di offerta di gara:

martedì 7 agosto 2012

Quando uscite spegnete la luce e chiudete la porta.

venerdì 3 agosto 2012

Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio.



Ahó meglio toccarsi li coglioni! Vuoi vedere che Ernesto Alfonso oltre ad essere stato devastante come le sette piaghe d'Egitto, per completare l'opera ci porterà anche un beccamorto iettatore, che per guadagnare ci augurerà una prematura morte a tutti.
E sì perché i signori che spenderanno i 13 milioni di euro li dovranno pur recuperare: e come se non vendendo la loro mercanzia. “Venghino signori Venghino offriamo un bell'articolo davvero: un magnifico posto al cimitero!”.
Per fare andare gli affari a gonfie vele ci vorranno più morti, e guarda caso i clienti saremo proprio noi: i cittadini randazzesi.
Vuoi vedere che dovremo camminare con il corno rosso in tasca, per rintuzzare il malefico influsso degli iettatori che a flotte intere verranno assunti dai mercanti dei nefasti articoli.
Ora io non mi preoccupo tanto del prezzo, se un loculo costerà 5 o 10 mila euro pazienza, datosi che il nostro Sindaco la pensa come Berlusconi: e cioè se la gente va a passeggiare in piazza e acquista il tradizionale coppo di calia vuol dire che ha i soldi e può spendere. Io mi preoccupo dei poteri degli iettatori che sono assai difficili da contrastare. I primi ad essere colpiti saranno gli anziani: iettatori specializzati nella caccia all’anziano verranno assunti, perché tutti sanno che i migliori clienti dei beccamorti sono le persone avanti negli anni. Questi il gruzzoletto per le spese funerarie lo mettono sempre da parte.
Comunque tutti i cittadini randazzesi saremo in pericolo. Per recuperare 13 milioni di euro ci vorranno tanti defunti: forse più dell'attuale popolazione residente. Uno alla Saddam maestro nell'uso di gas malefici sarebbe l’ideale, magari gasando il paese a strisce, perché se si muore tutti in una volta il beccamorto chi lo paga. Invece così ci saranno sempre dei parenti rimasti vivi da spennare.
Facciamo un po' i conti: se un loculo verrà a costare come sostiene Ernesto Alfonso intorno ai 3.500 euro, considerando la normale media dei decessi annua, ci vorranno all'incirca quarant'anni solo per riprendere il capitale investito. Pertanto l’impresa dovrà studiare obbligatoriamente un sistema per incrementare le vendite, onde recuperare quanto speso e incominciare a rendere fruttuoso l’investimento.
Secondo quanto si dice, il nefasto progetto consiste: non solo nel dare l'esclusiva delle colombari, ma anche nel dare la gestione dell'intero cimitero. Per massimizzare gli utili il nuovo padrone del cimitero potrà pensare ad un biglietto d'ingresso. Come si usa nei cinema o al teatro, chi vorrà visitare il caro estinto si presenterà alla cassa e pagherà l'ingresso; certo ci sarà il ridotto per bambini e anziani oltre gli ottant'anni, sconto per questi ultimi obbligatorio giacché sono i potenziali clienti più prossimi.
Poi c'è sempre la strategia aziendale dello iettatore di cui si diceva prima. Un po' rischiosa per la verità, perché lo iettatore é naturalmente portato, e pertanto svolge i suoi poteri nefasti nei confronti di tutti senza distinzione di sorta: amministratori compresi.
Insomma la realtà è semplice, si stanno vendendo il cimitero e il nuovo proprietario ha bisogno di clienti, quindi chi può non si trattenga più di tanto, perché diversamente gli ideatori del nefasto progetto farebbero cattiva figura. Cerchiamo ogni tanto di essere collaborativi, c'è chi porta progresso e benessere, un investimento di 13 milioni di euro non capita tutti i giorni e noi che facciamo: rifiutiamo la magnifica occasione (sic!). I nostri amministratoti si che hanno testa, sono veramente delle menti prodigiose, invece di lavorare per la realizzazione del nuovo cimitero, hanno pensato bene di inventarsi questa stronzata sotto forma di Project Financing. Beati loro e poveri noi. 
Sembra che il beccamorto, o scusate l'impresa aggiudicatrice del Project Financing, abbia in mente anche una campagna pubblicitaria per incentivare le vendite. Enormi cartelloni saranno piazzati ovunque, e ci sarà anche uno spot televisivo con una procace bionda che contorcendosi con un lumino in una mano e un crisantemo nell’altra, in maniera accattivante sussurrerà “vieni ti troverai bene”. Potrebbe essere pubblicità ingannevole, ma cosa non c’è stato in questi anni d’ingannevole? Ma si sa un inganno più o un inganno meno che vuoi che sia, noi randazzesi siamo così buoni. Proporrei tuttavia  una singolare protesta, che nessun randazzese muoia più per i prossimi trent’anni, così i beccamorti se la vanno a pigliare in quel posto. Io comunque resto sempre dell'avviso che è meglio toccarsi i coglioni, per noi che ce li abbiamo, quanto ai nostri amministratori si arrangino come possono.
 Rosso di Sera

venerdì 22 giugno 2012

L’inutile quadratura del cerchio.



Nessuno è contro nessuno. Noi  abbiamo oggi non un padrone, ma cinquecento padroni, mille, centomila. Chi più ne ha, più ne metta. Ma questi padroni siamo noi? No, noi siamo ciascuno UNO di questi padroni e non è la stessa cosa.  Dobbiamo chiedere permesso a tutti gli altri; e non lo danno. Libertà? Anarchia? Caos!  Da un simile caos è sempre venuto fuori l’ordine forzato; in Italia nel 1922; in Germania nel 1933, in Francia nel 1958; in Spagna e via dicendo. Ma a Randazzo, ecco, questo c’interessa, nella  Randazzo del 2013 cosa verrà fuori? Lasciamo stare il wishful thinking, i pii desideri: La sinistra non ha un capo, ne ha cento; la destra  bene o male ha un capo. Troppo facilmente si vede che cosa rischia di venir  fuori dal caos , e chi ha interesse di pescare in questo torbido, e chi ha interesse di creare il torbido.
Tutto questo si fa per il bene della città (Sic!). Alcuni piccoli Ludovico il Moro, alcuni sedicenti condottieri, alcuni avventurieri del quattrocento, e tutti si comportano da Cesare Borgia, e tutti dicono di essere tanti Savonarola. Se non ci fosse, l’ipocrisia sarebbe più facile sopportare quest’onda. 
In molti abbiamo sentito, perché non confessarlo, in mezzo a queste tristezze, un grande dolore nel vedere il centro-sinistra randazzese annaspare nei guai. Il tentativo mal riuscito di presentarsi, in questi anni, come una grande forza di opposizione la dice lunga. Noi vogliamo che il centro-sinistra si ravveda, non che muoia. Un cadavere è sempre ingombrante in una casa. E quanto si tratta, poi , di un’intera area politica! Starebbe male nel salotto, ingombrerebbe.
Al PD, tra tanti guai, potrà forse riuscire la quadratura del cerchio; ma non riuscirà a trovare l’unità di tutta l’area politica che si identifica nel centro-sinistra. Non nel modo in cui la cerca, dando retta a quattro gatti che inducono alla confusione e che neanche ideologicamente sono iscrivibili alla nostra area politica.  Conviene prendere i gatti per la coda e metterli risolutamente fuori di casa.
Alla fine vanno fatte delle scelte, e bisogna capire con esattezza cosa si vuole: certamente si desidera  vincere. Ma  si vuole vincere come si è sempre fatto, mettendo insieme tutto e il contrario di tutto, con l’inevitabile conseguenza di non potere governare. Oppure si vuole vincere per governare e fare il bene della città? Se si vuole trionfare a tutti i costi per vana gloria, allora è meglio lasciare perdere.  Viceversa se si vuole ottenere una seria vittoria per fare il bene comune, allora è un altro paio di maniche.   Certo è più facile vincere  arruolando tutti anche quelli che si dicono di sinistra ma hanno il portafogli a destra,  ma noi crediamo che Randazzo non meriti un simile trattamento.
Perché una seria coalizione di centro-sinistra si formi, la principale condizione però, è questa:  uscire dal conformismo, esprimere una concezione nuova e originale di partecipazione politica non più ancorata a vecchi schemi. Sollecitare e ricercare il coinvolgimento di tutta  l’area politica e culturale coincidente o affine al centro-sinistra.
Quindi, se vogliamo iniziare un discorso serio, facciamolo, ma se il centro-sinistra, o meglio il PD, continua a camminare sulla strada scelta negli ultimi tempi, rischia di non andare da nessuna parte, trascinando anche Randazzo alla rovina.
IDV CIRCOLO DI RANDAZZO.
   

sabato 16 giugno 2012

"Per dopo?"



Il  cameriere si accosta al tavolino del  ristorante, dove due signori, l’anziano e il giovane, stanno mangiando i tagliolini con i funghi . E chiede:
“Scusino signori". "Per dopo?” Il signore anziano ha uno scatto di impazienza. “Senti. Siamo ancora qui con il cucchiaio in mano. Lasciami finire. Passaci il menù, ma lasciaci finire.”
“Come vuole, signore.”
Il signore anziano spiega: “Non c’è niente di più detestabile, per me, di questa premura, di questa urgenza dei camerieri, per farti ordinare. E pazienza se il locale fosse affollato, e avessero la necessità di  fare liberare dei tavolini. Ma non c’è nessuno!”
“Eppure”, osserva il signore giovane, “guardi. Appena i camerieri  fanno la stessa domanda:  ‘Per dopo?’  a qualche altro avventore, tutti si mettono a cercare affannosamente, sul menù, ciò che possono mangiare. E’ come se il cameriere desse loro un ordine.  E corrugano la fronte, e stringono le labbra nello sforzo di riflettere sull’avvenire. Ce ne sono di quelli che si prendono la testa tra le mani, come altrettanti fratelli, vestiti nella locanda, del Penseur di Rondin , che invece è nudo , e sta di solito in mezzo ai giardini pubblici.” 
“Gli individui che alla domanda ‘Per dopo?’  si mettono a studiare il menù, e a meditare che cosa scegliere, se tu gli presenti il ‘Per dopo?’  in politica vanno in confusione mentale. Si stringono nelle  spalle, e ti dicono: ‘si vedrà’.  La città vive ormai una vita esclusivamente fisiologica; e quindi i progetti per l’avvenire sono alquanto incerti.
“ Ma, forse dipende anche dal fatto che, in politica,  la scelta di ciò che si può mangiare ‘dopo’  è più difficile più complicata, più faticosa.”
“Dì piuttosto, replica il signore anziano, dì piuttosto un’altra cosa , più vera: ed è che, ormai, la scelta sul menù politico, si va sempre più restringendo.  Vedi Randazzo sta mangiando, da quindici anni,  sempre la stessa rancida minestra. Voglio dire che sta sorbendosi la minestrella in brodo delcampiano.  E ne è stufa! Ma quando le si presenta il cameriere a chiederle:  “E per dopo?”  si spaventa  e teme che se tenta il nuovo il cameriere le annunzi:  ‘ C’è ancora soltanto quel tale piatto signore: il pasticcio di Pd alla randazzese;  e ora glielo servo immediatamente. E perciò Randazzo finisce con l’ordinare un’altra porzione di minestrella in brodo delcampiano.    La ordina a malincuore, la ordina a mezza bocca, senza persuasione, ma la ordina. E questa è la ragione per cui alle ultime amministrative Ernesto Alfonso ha vinto.
“E ora, che cosa crede che ordinerà Randazzo la prima volta che le chiederanno :  ‘E per dopo?’”
“Ah, non c’è dubbio: anche questa volta potrebbe ordinare minestrella delcampiana, e se ne sorbirà un’altra fatale porzione.  Ma non c’è da confondersi:  perché forse questo non avverrà.  I segni  infatti di  intolleranza per la minestrella sono sempre crescenti, e sempre più forti. E si avvicina il momento in cui Randazzo stanca, stufa, con il voltastomaco, risponderà:  ‘Ma portatemi in tavola quello che volete, purché non mi mettiate più dinanzi questa scodella di minestrella’. E il cameriere le servirà finalmente una bella porzione di pasticcio  alla randazzese, con abbondante salsa a base di mangionese, lavorata secondo la famosa ricetta del trio Lescano.  E Randazzo se la dovrà trangugiare, scottandosi  la lingua e il gorgozzule.”
“Ma potrebbe anche darsi, mi perdoni, che Randazzo, stufa della minestrella , si scelga uno spezzatino, e che il cameriere glielo serva.”
“Bravo. Qui ti aspettavo. Vedo che segui il mio parlare per immagini e per metafore. Sissignore. Si dice che c’è anche pronto, da tempo, in cucina un buono, casalingo spezzatino: lo spezzatino autonomista.  Ma in realtà giù in cucina, da tempo, di spezzatino, di vero spezzatino alla casalinga, non se ne cucina più. C’è soltanto pasticcio alla randazzese.  E lo spezzatino che è servito a tavola non è consigliabile, serve solo ad allenare il palato alla mangionese lavorata secondo l’antica ricetta del trio Lescano, che per la verità è poco appetibile. In altre parole, quando Randazzo, stufa della minestrella  delcampiana ,  non potendo ordinare lo spezzatino autonomista;  è il pasticcio alla randazzese con mangionese  che dovrà divorare.”
“Se è così Randazzo non sarà mai tanto pazza da cambiare.”
“E tu dici, allora, che continuerà a ordinare e sorbirsi la minestrella delcampiana? E’ un errore gravissimo. Vedi. Di una cosa sono certissimo: Randazzo non può andare a lungo innanzi come va ora. I delcampiani da soli non la possono tenere. E’ impossibile. Non hanno la capacità vorrei dire fisiologica; e non ne hanno l’autorità morale. Prima di tutto, essi sono rovinati, nel giudizio del popolo randazzese, dal sospetto di dipendere dai brontesi, di essere il partito dei firrarelliani , di obbedire agli ordini del grande capo brontese, e questo sospetto alla lunga ha scavato loro il terreno sotto i piedi. Poi questi non posseggono il senso delle istituzioni. Al massimo posseggono il senso degli affari . Infatti essendo così intimamente deboli , hanno bisogno,  e lo sanno, della tolleranza generale, anche, e soprattutto, dei loro avversari, ed è perciò che nessuna amministrazione loro potrà mai essere autorevole.  Sarà sempre basata sul lasciar correre, sul chiudere gli occhi, sulla indulgenza che finisce con l’essere un premio alla negligenza  e alla incapacità, e bada, senza colpa specifica di nessun uomo politico determinato, ma per  colpa delle cose.”
“Che quadro!”
“E’ un brutto quadro lo so. Ma è il quadro esatto. Ora la città ha un bisogno organico, fisiologico, assoluto di gente autorevole e capace. Ne ha bisogno, come certi organismi hanno bisogno di certe vitamine. Ha bisogno di autorevolezza, di serietà, di onestà, per imparare a lavorare seriamente, a tirare su i giovani da uomini, a non restare troppo indietro nella grande, tremenda  gara di energia che c’è nel  mondo , oggi.  Ha bisogno di importanti capacità per non diventare un sobborgo di Bronte.”    
A questo momento, si ripresenta al tavolo dei due il solito cameriere, il quale ripropone, inesorabile come il destino, la solita domanda:
“E per dopo, signori?”
Il signore anziano vuole chiudere la conversazione diventata troppo seria, con uno scherzo. E chiede al cameriere:
“Ce ne avete di pasticcio alla randazzese con mangionese?”
“Ce ne abbiamo dell’ottimo signore. Lei lo può vedere dal menù. C’è pure con mangionese piccante, mangionese di fuoco.”
“Ebbene. Allora per me un’altra porzione di tagliolini con i funghi…..E per il signore che è giovane, e si deve abituare, una bella porzione di mangionese secondo l’antica ricetta del trio Lescano.”    

                                                                                                               Rosso di Sera

giovedì 19 aprile 2012

Annuntio vobis.

Sabato 21 aprile si ricostituirà ufficialmente il circolo randazzese dell'Italia dei Valori. Alla presenza del segretario provinciale avvocato Silvestro Di Napoli, riapriremo ufficialmente i battenti nella nuova sede di piazza Nicola Petrina n. 5.
Riprendiamo la nostra attività, che per la verità non si è mai interrotta. In questi anni, se pur con grandi sacrifici, attraverso questo blog e altre iniziative, abbiamo fatto sentire la nostra voce e fatto conoscere il nostro pensiero su tante questioni cittadine.
Ora un gruppo dirigente rinnovato cercherà di dare un valido contributo alla politica nostrana, affinché si possa uscire dal pantano attuale.
Si apre per la città un’ulteriore possibilità di dialogo, con una forza politica che è ormai affermata in campo nazionale, e che per sua vocazione naturale si pone al di fuori degli schemi tradizionali.
L'intendo è quello di creare una piattaforma programmatica nella quale si possano riconoscere, e quindi aderire, le migliori forze progressiste della città.
Una proposta chiara e decisiva che travolga gli alibi e i tentennamenti di molti. Un modo per scrivere a chiare lettere "I care" in ogni dove e soprattutto negli angoli più remoti della nostra coscienza civica.
Così inizia la lotta che smaschererà, stanerà ed esporrà al giudizio dell'opinione pubblica, gli affaristi, gli speculatori, i bottegai, gli pseudo intellettuali, i pubblicani e i fautori del malgoverno, che popolano il melmoso ambito della politica nostrana. Coloro che hanno condotto la nostra città a una vergognosa condizione di sottosviluppo terzomondista. Essi hanno carpito il consenso e lo hanno usato per fare i propri interessi, dei famigliari più prossimi e dei lecca culo di turno, niente invece per il bene comune.
Ormai è finita l’epoca in cui tutto il marciume camuffato da virtù ci veniva propinato a piene mani. I tempi sono cambiati, sono tempi duri fatti di sacrifici e privazioni, di tasse e balzelli di ogni genere. Nulla di ciò che avveniva prima è più tollerabile. Facciamo fuori i parassiti: quelli che vivono bene e si arricchiscono alle nostre spalle, quelli che tassano e tartassano, salvo poi avere stipendi e indennità da favola, quelli che hanno accumulato rendite di posizione. Questi ultimi pensando di avere la ricetta per gabbare il popolo, avidi di tutto,  ragionano come quella nobile signora di un tempo che pregava così: "signiruzzu pruviriti pi cu atta pruvirutu picchi u poveri e zignantu". Anche noi abbiamo la nostra casta! E allora sovvertiamo con gli strumenti della democrazia lo stato di cose attuale; licenziamo questa classe politica inutile, incapace e in grado solo di fare danni.
L'ultima trovata di Ernesto Alfonso, ormai vicino alla sua inevitabile fine politica, è il rifacimento della pavimentazione di piazza Loreto. Con una  spesa complessiva di circa quarantamila euro, egli metterà in atto questa trovata brillante, per recuperare, a suo modo, il consenso perduto.
Riparano piazza Loreto, mentre le strade cittadine sono una vergogna assoluta. In questi anni l’amministrazione comunale non è riuscita a ripristinarne una in maniera decente: le buche, copiose, la fanno da padrone ovunque.
Il tempo è abbondantemente scaduto, definire questa stagione politica è come volere leggere ad alta voce “l'inverno del nostro scontento”.
Ormai siamo all’epilogo. Un’era nuova si apre, nella quale noi saremo protagonisti, insieme a tutti quelli, che partendo da una visione realmente popolare del proprio impegno politico, ricerchino con serietà il bene comune.
Basta con gli arruffoni e mangia popolo di ogni genere, è ora di tornare a fare politica. E’ il momento che chi ha dimostrato di saperci fare si rimetta in gioco. Colei che è stata designata altrove da altri, perché altri riconoscono le sue indubbie capacità, deve tornare a occuparsi della sua città, con rinnovato impegno e gente nuova.
Non siamo degli ingenui e sappiamo che non esistono donne o uomini della provvidenza, ma certamente esistono cittadini capaci e onesti, in grado di profondere un impegno che può mutare radicalmente le sorti della nostra città.
Rasputin








giovedì 5 aprile 2012

Sporcizia: ultima frontiera.


Fra paesaggi, ora verdeggianti di vigneti e freschi pascoli, ora arsi ed aspri da lave antiche e recenti, si stende ai piedi dell'Etna una ridente cittadina. Il forestiero che costì arriva trova strade linde e pulite, piazze ordinate, verde curato, a tal punto da non capire bene se si trova in Sicilia, o in uno di quei paesini posti sulle Alpi svizzere, dove regnano ordine e pulizia.
Questa era l'impressione che ne ricavava colui, che per le più svariate ragioni,  visitava la nostra cittadina negli anni '70. Ora il quadro idilliaco descritto non c'è più. La Randazzo odierna è sporca e sudicia, le strade sono piene di immondizia e di cartacce.
Altro che paesino svizzero, sembra di stare nei sobborghi di Calcutta, mancano solo i ratti e le fogne a cielo aperto: anche se per quest’ultimi siamo sulla buona strada. Alcune zone del territorio comunale si sono trasformate in piccole discariche. 
Se volessimo capire le ragioni di tale vergognoso abbrutimento, dovremmo ricercarle nel male assoluto della politica italiana, tutta tesa a creare organismi sovrastrutturali, al solo fine di alimentare il sottobosco dei cosiddetti "posti di sotto governo". Ecco allora che alcuni anni fa sono apparsi gli ATO, che non hanno niente a che vedere con gli UFO, visto che la misteriosa sigla sta per “ambito territoriale ottimale”. Questi enti, sotto  forma di società per azioni, hanno la finalità di gestire il servizio della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sottraendolo ai comuni, che ne sono soci, i quali lo gestivano in proprio prima della loro comparsa, introdotta con l’articolo 23 del D.Lgs 22/97: il cosiddetto Decreto Ronchi.  
Al solo apparire degli ATO molti di noi si atterrirono, perché già ne prefiguravano le conseguenze. Vale a dire: aumento a dismisura delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e sporcizia ovunque. E così è stato.
Queste SPA nate per razionalizzare la spesa (in altri termini per risparmiare) e attuare la tanto sospirata raccolta differenziata, ben presto hanno dimostrato la loro vera natura: enti creati al solo fine di sistemare gli amici degli amici e sperperare denaro pubblico. Gli effetti li abbiamo subito notati nella bolletta della nettezza urbana e negli avvisi mandati a casaccio dal comune al fine di spremere i cittadini il più possibile.
Oggi, nonostante le salatissime bollette, il servizio è scadente e la città è sporchissima. Dicono gli amministratori: “Con quel poco che paghiamo all’ATO non ci possiamo più permettere i netturbini per le strade”. Così hanno pensato bene di sostituirli con dei camion aspirapolvere che si aggirano per le vie più larghe del paese, producendo un forte frastuono, ma con scarsa efficacia su tutto il resto. Nelle stradine dove il potente mezzo non può entrare la sporcizia abbonda. Ed è proprio lì nel cuore del centro storico, che si presenta lo spettacolo più deprimente: sterco, cartacce, qualche paio di mutante usate, rimasugli di cibo e tanto altro ancora, la fanno da padrone. I luoghi più visitati dai forestieri perdono decoro e lasciano nel visitatore una sensazione di trasandatezza e sudiciume.
In questi giorni di pasqua, in seguito all’approssimarsi della settimana santa, hanno tentato d’essere più efficienti; facendo vedere qua e là i tanto cari netturbini con carrozzella e ramazza, ma il risultato lascia assai a desiderare. Una cosa curiosa è che con l'avvento dell'ATO sono scomparsi pure i cestini della carta: per intenderci quelli che si trovano agli angoli delle strade di tutte le città del mondo. Chissà che impressione  trarrà il turista, che dopo aver consumato uno snack deve conservarsi l'involucro in tasca e magari portarlo quale souvenir nel suo paese. Dirà, ad amici e parenti, di essere stato in un posto dove non esistono cestini per la carta, perché tutta la città è un grande cestino pieno di immondizia.                                                                                    .......................................................................Rasputin.