Non è un oratore, non è uno scrittore, non è un
uomo politico di razza. Il suo linguaggio di concionatore è, come si dice
volgarmente, “una pizza” è trito, mediocre, inzuppato di luoghi comuni, privo di
originalità stilistiche o lessicali, fosse pure di ricalco, banali e
princisbecchiane. La sua prosa è terra
terra, cinerea e arida, prosa di ginnasiarca scadente.
Come uomo politico ebbe a suo
tempo una breve stagione, che chiuse
senza infamia, ma senza epicedi degni di memoria, senza provocare rimpianti,
senza lasciare speranze, promesse, preconii di ritorno.
Uno che non si è rassegnato alla rovinosa
caduta e alla pesante batosta elettorale impartitagli: covando e realizzando propositi di rivalsa con asburgica volontà di
potenza, abbandonandosi sotto una gentilonesca
compostezza di tipo inglese. E
tuttavia condannato a ritenere definitivo il proprio tramonto di finto capo, di
conducente del sgangherato carrozzone, di mediatore, di esponente, trascurato
nelle stagioni di ordinaria amministrazione, di sornione tollerante, ignorato
dal suo partito e relegato ad un ruolo di rappresentanza. Il suo mentore al primo fil di fumo della
baracca, ai primi strilli di gazzarra municipale si galvanizza, sprizza
scintille, s’affaccia, per ragioni di parentela, ad ogni tribuna televisiva improvvisata. Sotto
quella fronte pensieri si traducono in
messaggi e profezie da passionario. Si direbbe che il nuovo Elia dovesse essere
da un momento all’altro rapito nei cieli della città, sul suo carro avvolto da
tetri bagliori di fiamme. Ma si tratta soltanto di un procellario che batte stanche ali lungo la rotta di un
truce bastimento.
Mentre Lui, il candidato, sepolto
nella sua leggenda, catafratto nel suo mito, si è costruito un monumento, nel
quale si ammira, nel quale adora se stesso. Il suo mentore torna a lanciare
messaggi, profezie e ultimatum, reclama la disperazione, il bando degli avversari
politici dalla vita civile delle libere competizioni, egli abituato a più alti
e importanti lidi, che postulano riposi mentali e accensioni tribunizie di
piazza, isterismi comiziali e scomuniche. Riesce
a raccogliere un gruppo di neo-democristani per fare da puntello al candidato,
mettendo assieme un codazzo fatto di politici politicanti capaci di tutto. Falsifica
l’anagrafica politica, contrabbandando il vecchio o meglio l’antico, come nuovo
di ritorno. Svende con disinvoltura l’ultimo scampolo
d’ eredità ai transfughi
neo-democristiani, per assecondare la vanità e l’amor proprio di
qualcuno, che poi in fin dei conti non è nessuno.
Rasputin
Caro Rasputin
RispondiEliminameno male che ti sei svegliato dopo lungo torpore!!!Ma cosi mi fai venire il mal di testa!!!!!!
Caro Rasputin,
RispondiEliminahai dimenticato di menzionare che il “tizio”, fino poco tempo fa, aveva un odio viscerale verso l’acqua e il sapone. Capisco che fare delle battute sul “tizio” è come sparare sulla Croce Rossa, ecco perché non vado oltre. Ma è anche giusto ricordare che a Randazzo ci conosciamo tutti, “il tizio”, prima di riempirsi la bocca e atteggiarsi a novello Talleyrand, farebbe bene a ricordarsi: ki è, da dove viene e il modo di come è arrivato alla scrivania. Ogni inverno dovrebbe incamminarsi sul sentiero di Santiago de Compostela e come un umile pellegrino ringraziare Dio che esistono, nella regione Sicilia, i precari forestali. - Ke la forza sia con Voi - Obi Wan Kenobi.