venerdì 25 novembre 2011

Timeo Danaos et dona ferentis(Temo i greci anche quando portano doni).

Ecco ci siamo. Ernesto Alfonso nel tentativo di mascherare le grandi difficoltà in cui si dibatte, tenta il colpo di genio! Per la verità pare che l’idea gli sia sovvenuta una sera guardando un dibattito televisivo. Sapete com’è, in questi casi d’improvviso si accende la lampadina: e la soluzione ai problemi sembra a portata di mano già bella e fatta, lì pronta da utilizzare.
Quella sera, seduto davanti alla televisione,  il nostro Sindaco meditava sulla crisi politica che stava portando al governo Monti. Nella sua testa rimuginavano pensieri imperniati sui termini governo di unità nazionale, salvezza dell’Italia e via dicendo. Ad un tratto arriva l’ispirazione, il colpo di genio:  applicare a Randazzo la stessa logica e metodologia pensata in quei giorni per risolvere i problemi della nazione. Per salvare capre e cavoli, bisognava obbligatoriamente studiare un piano di salvezza cittadina che coinvolgesse tutte le forze politiche, e chi non ci stava sarebbe stato messo alla berlina dinanzi a tutta la città.
Così trovata la soluzione ai suoi tanti problemi di sopravvivenza politica, l’Ernesto Alfonso, qualche giorno dopo, indiceva sotto la sua sapiente guida una sorta di concilio di tutte le forze politiche.
Forte dell’appoggio dei suoi, che applaudivano alla brillante trovata del capo, iniziava un giro di consultazioni con tutti i gruppi consiliari. Naturalmente precedute da una sua apparizione televisiva nella quale lanciava una sorta di chiamata alle armi, necessaria per salvare la città. E così fu che tutte le forze politiche, sensibilizzate dalla loquace retorica del primo cittadino, si recarono nel palazzo di città per prendere parte alle consultazioni ernestiane.
Oggi, fatto il primo giro, ci si chiede a cosa siano servite queste consultazioni: nessuno lo sa. Pensiamo che Ernesto Alfonso abbia tentato di fare incamminare tutte le forse politiche randazzesi sulla strada dell’amor patrio, pretendendo così un senso di responsabilità diffusa che gli sarebbe tornata assai utile. Questa ipotesi è la più verosimile, considerato che ormai non ha più una maggioranza in consiglio comunale, e che i suoi consiglieri vivono una perenne crisi di nervi che li rende simili a donnette  isteriche.
Ma poi onestamente dalle forze politiche di opposizione, cosa mai si sarebbe potuto aspettare Ernesto Alfonso. Questo è il vero mistero!
In Democrazia vige un principio semplice, oserei dire quasi elementare, i ruoli delle forze politiche li fissano gli elettori attraverso il voto. Pertanto non vi è dubbio che gli elettori randazzesi alle ultime amministrative hanno scelto chiaramente chi deve governare e chi deve stare all’opposizione. Voglio ricordare che Ernesto Alfonso ha ricevuto il mandato popolare a governare la città,  con uno scarto di voti notevole rispetto al suo avversario il prof. Michele Mangione. Quindi innegabilmente a lui e alla sua maggioranza è stato conferito il governo della città, mentre alle forze politiche perdenti il ruolo di opposizione. Questo è stato il chiaro e inequivocabile verdetto dei cittadini randazzesi.
Alla luce di ciò la mossa di Ernesto Alfonso è patetica e velleitaria. Sa tanto di una sorta di  pietosa e supplichevole richiesta di elemosina rivolta ai consiglieri comunali, al fine di garantirgli una dignitosa sopravivenza: facendo intravedere una totale mancanza di dignità politica, tipica di chi vuole stare per forza aggrappato alla sedia costi quel che costi.
L’idea delle consultazioni è un espediente, tra l’altro per nulla originale. E’ una strada percorsa inutilmente e priva di significato politico, perché Ernesto Alfonso non si può sostituire così com’è stato fatto con Berlusconi: tutt’al più si può mandare a casa.    
Chiunque al suo posto avendo constatato l’impossibilità di continuare, avrebbe, per il bene della città, già rassegnato le dimissioni. Lui invece continua imperterrito a restare lì dove è attualmente; non ha più una maggioranza, ma resta sempre lì, forse che qualcuno per scherzo gli abbia incollato  il deretano alla sedia? Se così è si comprende perché non riesca a staccarsi da quella poltrona.
Alla fine del discorso la morale è una sola: Ernesto Alfonso è stato eletto per governare, se non ha più il necessario gradimento del consiglio comunale, non c’è altra strada che quella delle  dimissioni. Il suo tentativo di coinvolgere forze politiche distanti da lui e dal suo partito è semplicemente  patetico e insignificante. Le minoranze politiche hanno un preciso ruolo assegnato dall’elettorato che è quello dell’opposizione. Ecco perché questo tentativo estremo fatto dal signor Sindaco  è un espediente pietoso, che mette completamente a nudo la sua fragilità politica.  
Qualcuno dice meglio un sindaco scadente che non un commissario. Io mi permetto di dire che questo è il più banale dei luoghi comuni, perché i commissari non restano in eterno ma solo fino alla prima tornata elettorale utile. E poi di cosa bisogna avere paura, abbiamo già una tassazione che è al massimo, i servizi non funzionano e le strade sono piene di buche. Allora per usare un altro luogo comune altrettanto banale, quanto quello  di cui sopra, si può dire: “che più buio di mezzanotte non può fare”.
Il Giaguaro di Tebe.