martedì 19 ottobre 2010

Alcuni appunti per mettere ordine in una materia complessa come la tarsu.



1°) Norma applicabile.
Legge 311/2004, articolo 1 comma 340.
Testo: Al comma 3 dell’articolo 70 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sono aggiunti i seguenti periodi: «A decorrere dal 1º gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138; per gli immobili già denunciati, i comuni modificano d’ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, comprensivi della toponomastica, con quelli dell’Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui manchino, negli atti catastali, gli elementi necessari per effettuare la determinazione della superficie catastale, i soggetti privati intestatari catastali, provvedono, a richiesta del comune, a presentare all’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l’eventuale conseguente modifica, presso il comune, della consistenza di riferimento».

Commento:
La norma sopra accennata consente ai comuni di commisurare la tassa all’80 per cento della superficie catastale degli immobili a "destinazione ordinaria" (ossia, quelli attualmente classificati in categorie catastali «A», abitazioni e studi; «B», alloggi collettivi; «C», locali commerciali).Questo criterio di commisurazione si applica d’imperio, dal 1º gennaio 2005 – in "prima battuta", e senza la verifica della superficie tassabile – ogni volta che la superficie dichiarata dal contribuente è inferiore all’80 per cento di quella che si legge sul certificato catastale. Il comune deve iscrivere a ruolo la maggior superficie, semplicemente sostituendola a quella inferiore dichiarata dal contribuente. Ma senza dover fare prima un accertamento, e senza che la sostituzione equivalga a un accertamento. Quindi, anche senza possibilità d’infliggere sanzioni per infedele dichiarazione (articolo 70 del Dlgs 15 novembre 1993, n. 507, come modificato dall’articolo 1, comma 340, della legge 30 dicembre 2004, n. 311). La disposizione di cui parliamo – contrariamente a quanto ha fatto il comune di Randazzo – esaurisce la sua funzione nella compilazione dei ruoli "in base a dichiarazione". In particolare, non è più applicabile in occasione di un accertamento. Facciamo notare che essa è collocata nell’articolo 70 del Dlgs 507, che disciplina le denunce. È significativo che non sia richiamata né dall’articolo 65, che individua la superficie soggetta a Tarsu, né dall’articolo 73, che regola i poteri dei comuni per l’accertamento della superficie. Facciamo notare anche che tutto l’apparato normativo dell’articolo 73, che scandisce i poteri dei comuni nel contrasto all’evasione, sarebbe inutile se poi tutto si riducesse a calcolare l’80 per cento della superficie catastale convenzionale. È forse bene ripetere che la norma in vigore dal 2005 intende ridimensionare gli effetti delle dichiarazioni infedeli dei contribuenti, ma in attesa di un sempre possibile e lecito accertamento. Quest’obbiettivo lo raggiunge sostituendo – in sede di iscrizione a ruolo in base alle denunce – i quattro quinti della superficie catastale a quella inferiore dichiarata. Lo scostamento (l’80 per cento) fra superficie iscrivibile a ruolo prima dell’accertamento e superficie catastale è ispirato a criteri prudenziali, volti ad impedire, prima di un accertamento vero e proprio, che sia tassata una superficie maggiore di quella imponibile, secondo le regole proprie del Dlgs 507. Questo scostamento si giustifica con i diversi criteri dettati dal decreto stesso e dalla legge catastale.La superficie soggetta a tassa – ci riferiamo, per semplicità, alle abitazioni – è costituita dall’intera superficie coperta calpestabile, compresi i vani accessori non contigui all’abitazione (cantine, garage e simili), ed esclude le aree scoperte pertinenziali, come balconi e terrazze, che non sono tassabili (articolo 62, comma 1, del decreto).Quella catastale è una superficie "convenzionale", diretta non già ad accertare la superficie per la tassa sui rifiuti; ma a calcolare il valore, e quindi il reddito ordinario medio di un fabbricato. Così si spiega che concorrono a formare la superficie convenzionale l’intera superficie dei vani utili, una percentuale (25 o 50 per cento, secondo i casi) della superficie dei vani accessori, e un’ulteriore percentuale (variabile fra il 5 e il 30 per cento, secondo i casi) delle aree scoperte (allegato C al Dpr 23 marzo 1998, n. 138, che tiene approssimativamente conto dei valori di mercato degli accessori e delle pertinenze scoperte, rispetto al valore del bene "principale").La normale divergenza fra le due superfici è stata valorizzata dal legislatore diminuendo prudenzialmente la superficie catastale all’80 per cento.


2° ) Norma applicabile in caso di riscossione mediante ruolo.
Articolo 1, comma 163 legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Finaziaria 2007).

Testo: Nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo (ndr cartella esattoriale o ingiunzione di pagamento) deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.

Commento:
A nostro avviso la tassa relativa agli anni per i quali non c’è obbligo di reiterare la denuncia va iscritta a ruolo entro la fine dell’anno successivo a quello per il quale è dovuta. Comunque, l’imposizione sarebbe parzialmente legittima se si ritenesse applicabile il termine triennale della Finanziaria 2007. Si salverebbe, infatti, solo la tassa per il 2007, 2008 e 2009.







sabato 16 ottobre 2010

Currit rota, urceus exit.



Adesso il pasticcio è pronto e servito. Una quantità esagerata di schifosa cartaccia è stata consegnata all'ufficio postale, per essere recapitata ai cittadini presunti evasori della TARSU. Ebbene sì,  Ernesto Alfonso il Sindaco, se pur tra mille dubbi e tentennamenti, ha deciso di andare avanti. Praticando una specie di karakiri politico, altamente autolesionistico. Se prima non era certo amato dai randazzesi, che pur tuttavia lo avevano eletto, adesso egli ha davvero raggiunto l'apice dell’impopolarità. Nessun altro Sindaco ha così fortemente suscitato l’antipatia popolare, un solo caso ci viene alla mente: quello del commissario Viviano, che agli inizi degli anni settanta introdusse la famigerata tassa di famiglia.
Egli è arrivato a quest’illusinghiero  risultato non da solo, ma è stato aiutato dall'assessore disastro, il Tremonti Etneo, che lo ha spinto con tutte le sue forze sull'orlo del baratro.
Mai sapremo, chi dei due ha avuto la brillante intuizione di utilizzare quest’assurdo metodo  d’accertamento; chi ha scelto la ditta,  quale criterio è stato utilizzato per il conferimento dell’incarico: asta pubblica, licitazione privata, semplice conoscenza personale.
Non sapremmo mai se qualcuno ha ritenuto verificare le competenze tecniche della ditta accertante, quali: precedenti esperienze, presenza di tecnici laureati o diplomati, di personale esperto di catasto.
L’unica cosa di cui possiamo essere certi, a seguito dei primi accertamenti notificati,  è che il personale utilizzato dalla ditta per scovare l’evasione, con il catasto ha la stessa frequentazione e confidenza che ognuno di noi può avere con la famiglia reale inglese. 
In alcuni avvisi di accertamento erano così evidenti gli errori, che bastava fare una semplice visura catastale per rendersene conto. Dirà il signor Sindaco o l’assessore, basta andare al comune per aggiustare tutto: ciò è fattibile per il cittadino provveduto. Ma non per l’anziano o per il cittadino semplice, a cui viene difficile capire quanto riportato in un documento indecifrabile. Molti, sopratutto gli anziani, pagheranno a prescindere dall'esattezza dei controlli.
La colpa di questo dissennato modo di agire é di Ernesto Alfonso o del Tremonti nostrano? Se fosse attribuibile al signor Sindaco poco male, é stato purtroppo eletto e dobbiamo sopportarlo, mentre se l'idea fosse venuta a qualche altro, vuol dire che siamo seriamente nei guai; infatti ai guasti causati da Ernesto Alfonso si aggiungerebbero quelli posti in essere da suoi assessori. E questo sarebbe grave e insopportabile per la città. Allora farebbe bene, Ernesto Alfonso, a richiamare all'ordine i suoi assessori: onde evitare che s’immettano sulla stessa strada dell'assessore disastro.
Stiano pure tranquilli gli assessori vecchi e nuovi perché nessuno si aspetta nulla da loro, del resto come diceva don Abbondio: "se uno il coraggio non ce l'ha non se lo può dare". Si limitino, pertanto, all’ordinaria amministrazione, senza sforzare più di tanto le loro preziose meningi, preoccupandosi solo di  intascare l'indennità spettantegli: é l'unico modo per evitare di fare danni alla popolazione. Quanto ad Ernesto Alfonso il Sindaco lo sappiamo già, egli é un uomo politico che pensa anfore, ma sa solo fabbricare pignatte.
                                                       Rosso di Sera.

mercoledì 13 ottobre 2010

IL PARERE DEL TRIBUTARISTA.


Un Comune ingiunge a un contribuente di pagare per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2009 a seguito di "avviso di pagamento", la somma di xxxxx euro, oltre sanzioni e interessi. Il Comune non è decaduto dalla possibilità di esigere il credito, in quanto questo diritto non è stato esercitato nei termini di cui all'articolo 72 del Dlgs 507/93? È proponibile un ricorso in Commissione tributaria?

L’imposizione ci sembra illegittima. Trattandosi, però, di tassa sui rifiuti, l’itinerario argomentativo per approdare a questa conclusione è già di per sé tortuoso, ed è reso ancor più contorto dall’impiego dell’ingiunzione al posto del ruolo.
Proviamo ad illustrarlo.
L’articolo 72 del Dlgs 15 novembre 1993, n. 507 dispone che i ruoli di riscossione della tassa sui rifiuti sono soggetti ad un termine di decadenza, che spira alla fine dell’anno successivo a quello nel corso del quale è stata presentata la dichiarazione o è stato notificato l’accertamento. Poiché, però, la dichiarazione di inizio occupazione vale anche per gli anni successivi (cosiddetto “effetto ultra attivo” della denuncia: articolo 70, Dlgs 507), la tassa relativa agli anni per i quali non c’è obbligo di reiterare la denuncia va iscritta a ruolo entro la fine dell’anno successivo a quello per il quale è dovuta. In base a questa disposizione, mi si chiede se il Comune è decaduto dal potere di esigere le tasse per il 2005, 2006, 2007 e 2008 , non avendole iscritte a ruolo entro la fine del 2006,2007, 2008 e del 2009. Affrontiamo prima questo problema, e tralasciamo un attimo l’ulteriore complicazione dovuta all’impiego dell’ingiunzione invece del ruolo. L’abrogazione delle decadenze legate alla data d’iscrizione a ruolo.
A) I tributi erariali.
Secondo un orientamento giurisprudenziale pacifico (per tutte: Corte costituzionale, sentenza 15 luglio 2005, n. 280), la formazione e l’invio dei ruoli all’agente della riscossione è, ormai, un mero atto “interno” della pubblica amministrazione, che il contribuente non è in grado di controllare per verificare il rispetto dei termini di decadenza. E ciò a differenza di quanto accadeva prima della riforma della riscossione attuata con il Dlgs 26 febbraio 1999, n. 46, quando l’approvazione dei ruoli e la loro consegna agli esattori s’inseriva in una catena procedimentale in cui il termine finale per compiere un atto segnava anche il termine iniziale per compiere l’atto successivo. Poiché l’atto finale ed “esterno” del procedimento di riscossione è la notificazione della cartella, è a questa che il legislatore deve far capo per garantire che il contribuente non resti indefinitamente esposto all’esecuzione fiscale. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con la medesima sentenza 280 del 2005. Ma aggiungendo pure che il termine iniziale – da cui far partire il successivo termine di decadenza per notificare la cartella - non può identificarsi nella data, non controllabile da parte del contribuente, di invio dei ruoli all’esattore. Per adeguarsi alla pronuncia della Consulta, con un primo provvedimento (articolo 1, commi 5-bis e 5-ter, del Dl 17 giugno 2005, n. 106) il legislatore ha completamente sovvertito la disciplina delle decadenze per la riscossione delle imposte sui redditi (nonché delle relative addizionali, dell’Irap e dell’Iva), ancorandole non più alla data di iscrizione a ruolo, ma alla successiva notificazione della cartella al contribuente. In tal senso: a) è stato soppresso l’articolo 17 del Dpr 29 settembre 1973, n. 602, che scandiva i tempi di decadenza per l’iscrizione a ruolo; b) sono stati previsti nel successivo articolo 25 i termini tassativi entro i quali occorre notificare la cartella, facendoli decorrere non più dalla formazione del ruolo, ma dall’anno di presentazione della dichiarazione, o da quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.
B) I tributi locali.
Il decreto legge del 2005 lasciava privi di regole tutti i tributi locali la cui riscossione coattiva era soggetta a decadenza. Accanto al già menzionato articolo 72 del decreto 507 del 1993, si può citare - ad esempio, in materia d’imposta comunale sugli immobili - l’articolo 12 del Dlgs 30 dicembre 1992, n. 504, che, nel testo in vigore fino al 2006, imponeva di iscrivere le somme accertate dal Comune in ruoli «formati e resi esecutivi non oltre il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'avviso di liquidazione o l'avviso di accertamento sono stati notificati». L’opera avviata dal legislatore con il decreto legge 106 si è compiuta con la finanziaria per il 2007. L’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha stabilito quanto segue:per la riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo (cartella o ingiunzione) deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo (comma 163); la norma si applica ai rapporti d’imposta “pendenti” al 1° gennaio 2007, data d’entrata in vigore della legge (comma 171).
Le “anomalie” della Tarsu.
Tutti i tributi locali, prima di essere iscritti a ruolo, devono essere accertati o liquidati dal Comune con apposito avviso: talvolta denominato di “accertamento”, talvolta di “liquidazione”. A questa regola, però, si sottrae la tassa sui rifiuti che, rispetto ad altri tributi, possiede alcune caratteristiche “anomale”:non esiste la denuncia annuale, nemmeno nella forma rudimentale dell’autotassazione, che peraltro l’ente locale non può introdurre con regolamento in caso di riscossione diretta (ministero dell’Economia e delle finanze, risoluzione 30 luglio 2002, n. 8/DPF); quando la tassa è liquidata in base a denuncia “ultra attiva” (presentata una volta, con effetto anche per gli anni successivi), il Comune non è tenuto a notificare al contribuente nessun avviso, né di liquidazione né di accertamento, prima di iscriverla a ruolo (ancora di recente: Corte di cassazione, sentenza 1 ottobre 2007, n. 20646). Poiché per riscuotere la tassa non esistono necessariamente né una dichiarazione annuale, né un atto autoritativo (d’accertamento o di liquidazione) dalla cui notificazione conteggiare il triennio (comma 163 della “Finanziaria” 2007), vi sono, e come si calcolano i termini di decadenza? Valgono ancora quelli stabiliti dall’articolo 72 del decreto 507 del 1993 (peraltro non abrogato con norma espressa), come chiede il contribuente? La risposta non la ricaviamo dalla legge, ma dalla giurisprudenza. Secondo la Corte di cassazione (sentenza 9 maggio 2007, n. 10590) «il titolo derivante dalla dichiarazione del contribuente equivale all'accertamento definitivo». Se la massima, enunciata per l’Iva, è estensibile ad altri tributi, compresa la tassa sui rifiuti, ciò c’induce a concludere che:
a) l’articolo 72 del Dlgs 507 è stato tacitamente abrogato, con effetto 1 gennaio 2007, nella parte in cui prevede il termine di un anno per l’iscrizione a ruolo della tassa dovuta in base all’accertamento;
b) il termine introdotto dal comma 163 è quello che disciplina la riscossione della tassa in ogni caso, e quindi anche di quella dovuta in base a dichiarazioni, anche ultra attive; e coincide, in questi casi, con la fine del terzo anno successivo a quello nel quale fu presentata la denuncia, o a quello per il quale la tassa è dovuta (denuncia ultra attiva);
c) il termine triennale non opera retroattivamente nelle situazioni in cui, in base alle disposizioni precedentemente in vigore, l’ente locale era già decaduto dal potere di riscuotere. Alla luce di quest’ultima affermazione, l’imposizione rivolta al contribuente – ossia l’ingiunzione con cui il Comune ha reclamato le tasse per il 2005, 2006, 2007 e 2008 – è intempestiva, non avendo l’ente locale formato il ruolo, rispettivamente, entro la fine del 2006,  2007, 2008 e 2009, in violazione del termine di decadenza comminato dall’articolo 72 del decreto n. 507. Su questo presupposto, ed alla luce di altri principi giurisprudenziali incontestati, il ricorso lo faremmo. Infatti: i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo andavano osservati anche sotto l’imperio di norme per le quali la formazione e la trasmissione dei ruoli all’agente della riscossione sono meri atti “interni” della Pubblica Amministrazione; incombe sull’ente impositore l’onere di provare in giudizio d’aver compiuto tempestivamente atti idonei ad impedire la decadenza.
IL PUNTO: IL TITOLO INIDONEO È PRIVO DI EFFETTI INTERRUTTIVI. Di fronte a una simile contestazione, il Comune si difenderà eccependo che ha adottato la riscossione diretta; che il titolo esecutivo non è il ruolo ma l’ingiunzione; che, pertanto, non può invocarsi la decadenza comminata dalla legge per la formazione del ruolo. È sostenibile una simile argomentazione? Ricordiamo che l’istituto della decadenza è volto a stabilizzare le situazioni giuridiche, anche tributarie. Il contribuente ha interesse a sapere se la sua posizione è definitiva, o se il fisco può ancora modificarla. Essendo la decadenza funzionale al superiore interesse pubblico della certezza dei diritti, non la si può eludere solo perché il Comune ha approvato il regolamento sulle entrate. È, pertanto, ininfluente che il titolo esecutivo sia l’ingiunzione, non potendo ciò tradursi nella compressione dei diritti del contribuente.Peraltro, l’articolo 2966 del Codice civile è molto rigoroso quando afferma che “la decadenza non è impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge”. Il codice non ammette equipollenti, né ne concede la normativa sul potere regolamentare (articolo 52, comma 6, del Dlgs 15 dicembre 1997, n. 446). Proprio a voler conciliare il codice con le potestà regolamentari, l’unico modo di scongiurare la decadenza era, caso mai, quello di notificare l’ingiunzione entro la fine dell’anno successivo a quello per il quale erano dovute le tasse. Ma nemmeno così è avvenuto. Da questo punto di vista, è anche insignificante che il Comune abbia emesso “avvisi di pagamento” rimasti insoluti. Simili avvisi non sono previsti dalla normativa; e, alla stregua di tutti gli atti amministrativi estranei ai modelli legali, sono inidonei ad interrompere la prescrizione (Cassazione, 17 marzo 2005, n. 5798). A maggior ragione non hanno impedito la decadenza che, a differenza della prescrizione, non è nemmeno soggetta ad interruzione (articolo 2964 del Codice civile). Infine, l’imposizione sarebbe parzialmente legittima se si ritenesse applicabile il termine triennale della Finanziaria 2007. Si salverebbe, infatti, solo la tassa per il 2007, 2008 e 2009.

sabato 9 ottobre 2010

GIOVANNI SENZA TERRA E LO SCERIFFO DI NOTTINGHAM.


Sarebbe oltremodo semplice dire “lo avevamo scritto”: eppure è così. I cittadini randazzesi in questi giorni sono stati letteralmente investiti da una massa di avvisi d’accertamento riguardanti la TARSU. Sono talmente tanti che si è dovuti ricorrere al servizio postale per notificarli, con un costo di circa ottomila euro.
In buona sostanza, secondo la ditta che ha compiuto i controlli, i randazzesi sarebbero un popolo d’evasori, considerato che gli avvisi sono stati notificati a tantissimi nostri concittadini. In pratica si sono salvati in pochi, a tal punto che parafrasando il teologo Giansenio si potrebbe dire: molti i chiamati, pochi gli eletti.
Avendo saputo in anticipo dell’enorme quantità di cartaccia che sarebbe entrata nelle nostre case, al solo scopo di spillare altro denaro dai già martoriati portafogli di tutti noi, avevamo avvertito i nostri pochi lettori che di lì a poco un vero cataclisma impositivo si sarebbe riversato sulla maggior parte della popolazione.
Ernesto Alfonso in un suo intervento televisivo, ad una domanda specifica del conduttore, tentò maldestramente, di minimizzare, dicendo che ogni tanto dei controlli vanno fatti. Tirò in ballo la giustizia e l’equità fiscale, il vivere civile ed altre retoriche frasi ricavate dal suo lessico falsamente buonista.
Non spiegò il signor Sindaco chi avrebbe fatto i controlli e quali sarebbero stati i metodi utilizzati; non spiegò che a differenza del 1992, quando si misurò casa per casa, i nuovi accertamenti sarebbero stati il frutto di verifiche effettuate a tavolino da una società ingaggiata a cottimo.
Ora siccome noi siamo per il rispetto della legalità e delle regole, vogliamo dire al signor Sindaco, che siamo i primi a desiderare la giustizia e l’equità fiscale: ma siamo assolutamente contrari alla vessazione.
E per tale ragione chiediamo al signor Sindaco, perché non si è proceduto come nel 1992? Perché invece di affidare l’incarico a dei forestieri, concordando con loro una percentuale sul riscosso, non ha pensato di utilizzare i tanti tecnici randazzesi? E poi siamo sicuri che gli uffici non sono in grado di rilevare l’evasione?
Ci chiediamo pure, com’è possibile che in Sicilia dove gli enti locali hanno una pianta organica sovradimensionata, rispetto ai comuni del nord dell’Italia, si debba sempre ricorrere a soggetti esterni, pagandoli, per potere svolgere i normali compiti d’istituto?
Sembra essere tornati ai tempi di Robin Hood, con Giovanni Plantageneto, meglio detto Giovanni senza terra e il suo degno compare lo sceriffo di Nottingham. Ma qui non si intravede all’orizzonte un nuovo impavido eroe che combatte per la giustizia e la libertà. Forse non ce n'è alcun bisogno, perché nel sistema democratico il ruolo di Robin Hood è riservato al corpo elettorale, cioè a tutti noi cittadini. Siamo noi, infatti, che dovremmo, alla prossima occasione, mandare a casa Giovanni senza terra e lo sceriffo di Nottingham, sì perché, quando a gente che paga moltissimo, per mantenere un carrozzone che si chiama ATO rifiuti, gli sono contestati dieci metri quadrati in più, oppure aumenti di superficie inesistenti, frutto di un metodo di controllo impreciso ed approssimativo, siamo veramente al ridicolo.
Lo scandalo è tanto l’evasore, quanto l’amministratore incapace: quello che non riesce ad utilizzare le risorse umane e materiali che ha a disposizione; quello che per massimizzare le entrate spara nel mucchio, tormentando i cittadini, i quali ingiustamente vedono recapitarsi ingiunzioni per il pagamento di somme non dovute.
Ma i nostri amministratori, tutte queste cose le comprendono o e come se vivessero avulsi dalla realtà? Capiscono la fatica che sopportano molti nostri concittadini per sbarcare il lunario o come sempre i problemi di tutti noi si fermano davanti alla porta del municipio?
Ed allora non ci resta che piangere o meglio forse ridere, perché disse un filosofo greco che si deve smantellare la serietà degli avversari con il riso, e il riso avversare con la serietà. La prudenza dei nostri padri ha fatto la sua scelta: se il riso è il diletto della plebe, la licenza della plebe venga tenuta a freno e umiliata, e intimorita con la severità. E la plebe non ha armi per affinare il suo riso sino a farlo diventare strumento contro la serietà dei pastori che devono condurla. Ma se qualcuno un giorno, agitando le parole del Filosofo, e quindi parlando da filosofo, portasse l'arte del riso a condizione di arma sottile, se alla retorica della convinzione si sostituisse la retorica dell'irrisione, se alla topica della paziente e salvifica costruzione delle immagini da Salvatore della patria si sostituisse la topica dell'impaziente decostruzione e dello stravolgimento di tutte le immagini ritenute da voi sante e venerabili — oh, quel giorno anche tu e tutta la tua falsa sapienza, egregio avversario, ne sareste travolti!
                                                                                        Il Giaguaro di Tebe




giovedì 7 ottobre 2010

ENERSTO ALFONSO IL CANTASTORIE.



In una nota alle “Tradizioni cavalleresche popolari” il Pitrè spiega: “I vocabolaristi italiani hanno soltanto la voce cantastorie per significare colui che per sua arte va attorno cantando al popolo storie e leggende…… ma, ben diversa, è in Sicilia il cantastorie: ecco perché io uso questa voce non registrata nei vocabolari”.
Cantastorie, infatti, è chi al popolo racconta storie; chi per riallacciarsi al Pitrè, ….sopra una specie di predella, narra imprese romanzesche, con declamazione spesso eccitata, più spesso affannosa, intenzionalmente oratoria; talora lenta, alcuna volta mutata d’improvviso in discorso familiare e rapido. In tanta concitazione, egli dà un passo addietro, un altro in avanti, levando in alto, quanto più alto può, i pugni chiusi…….
Il cantastorie, insomma, è oggi l’amministratore comunale di turno che si presenta in televisione, paragone particolarmente calzante, quando si tratta di Ernesto Alfonso il Sindaco.
Sia perciò, ringraziato il  democratico tubo catodico, che ha restituito alla città un personaggio mancante dai tempi delle famose apparizioni di Orazio Strano: il più grande cantastorie della Sicilia orientale.
Gi attuali cantastorie non sono più analfabeti ma, fedeli alla loro vocazione, raccontano storie. Tutti.
I cantastorie parlano quindi ad un pubblico attento ma sempre più perplesso, perché confuso da una furbesca mistificazione della realtà, a tal punto da non riuscire più a capire, se gli oratori stiano parlando della nostra città o di una realtà a noi completamente estranea. Essi riescono ad ingenerare una tale confusione di tempi, luoghi, cifre, da mettere il telespettatore nella condizione di rendersi facilmente conto che trattasi solo di storie.
Nelle ultime apparizioni televisive di Ernesto Alfonso il Sindaco, mancava solo il cartellone con ivi raffigurati i vari episodi della storia narrata; la chitarra, perché la narrazione in parte è cantata, e cosi avremmo avuto un cantastorie in tutto e per tutto.
Forse piace, ascoltare roba che mai ci sognavamo di potere udire. Ma buona parte di ciò che viene detto è un mero esercizio retorico, in altre parole balle, ma balle in grande stile.
Certo rispetto a quanto scritto nel programma elettorale di Ernesto Alfonso un certo ridimensionamento di obiettivi  si nota in maniera evidente. Non si trattano più tutte le formidabili ipotesi di sviluppo della città, perché si è reso conto che  è roba da titani. E invece egli è circondato solo da nani, sì nani: che al massimo possono fare da badanti a Biancaneve.
E anche se i nani sono finalmente sette anziché sei, e anche se alcuni sono stati sostituiti: sempre nani sono.
Cosa possono dare dei nani della politica? Nulla, se non qualche favore di piccolo cabotaggio, magari la firma su un certificato o l’interessamento per un sussidio: così inizia e si esaurisce l’azione politica dei nani.
E poi se Ernesto Alfonso vuol andare in televisione per spiegarci, fornito di chitarra e cartellone, come il suo principale brontese pensa di mandare a casa il governatore Lombardo, gliene saremo grati. Infatti è da oltre un anno che il signore di Bronte rassicura i suoi che l’esperienza Lombardo è alla fine. E non solo, perché, con atteggiamento profetico, dà pure le date della  cacciata. Ma miseramente ogni previsione, fino ad oggi, è fallita.
Caro Ernesto Alfonso a noi sembra che sia inutile sperare nella fine del governo regionale, perché Lombardo ha la pelle dura, pertanto, essendo il nostro paese catalogato tra quelli a totale influenza Firrarelliana, ci sarà ancora molto da soffrire.
                                                                    Rasputin