venerdì 22 giugno 2012

L’inutile quadratura del cerchio.



Nessuno è contro nessuno. Noi  abbiamo oggi non un padrone, ma cinquecento padroni, mille, centomila. Chi più ne ha, più ne metta. Ma questi padroni siamo noi? No, noi siamo ciascuno UNO di questi padroni e non è la stessa cosa.  Dobbiamo chiedere permesso a tutti gli altri; e non lo danno. Libertà? Anarchia? Caos!  Da un simile caos è sempre venuto fuori l’ordine forzato; in Italia nel 1922; in Germania nel 1933, in Francia nel 1958; in Spagna e via dicendo. Ma a Randazzo, ecco, questo c’interessa, nella  Randazzo del 2013 cosa verrà fuori? Lasciamo stare il wishful thinking, i pii desideri: La sinistra non ha un capo, ne ha cento; la destra  bene o male ha un capo. Troppo facilmente si vede che cosa rischia di venir  fuori dal caos , e chi ha interesse di pescare in questo torbido, e chi ha interesse di creare il torbido.
Tutto questo si fa per il bene della città (Sic!). Alcuni piccoli Ludovico il Moro, alcuni sedicenti condottieri, alcuni avventurieri del quattrocento, e tutti si comportano da Cesare Borgia, e tutti dicono di essere tanti Savonarola. Se non ci fosse, l’ipocrisia sarebbe più facile sopportare quest’onda. 
In molti abbiamo sentito, perché non confessarlo, in mezzo a queste tristezze, un grande dolore nel vedere il centro-sinistra randazzese annaspare nei guai. Il tentativo mal riuscito di presentarsi, in questi anni, come una grande forza di opposizione la dice lunga. Noi vogliamo che il centro-sinistra si ravveda, non che muoia. Un cadavere è sempre ingombrante in una casa. E quanto si tratta, poi , di un’intera area politica! Starebbe male nel salotto, ingombrerebbe.
Al PD, tra tanti guai, potrà forse riuscire la quadratura del cerchio; ma non riuscirà a trovare l’unità di tutta l’area politica che si identifica nel centro-sinistra. Non nel modo in cui la cerca, dando retta a quattro gatti che inducono alla confusione e che neanche ideologicamente sono iscrivibili alla nostra area politica.  Conviene prendere i gatti per la coda e metterli risolutamente fuori di casa.
Alla fine vanno fatte delle scelte, e bisogna capire con esattezza cosa si vuole: certamente si desidera  vincere. Ma  si vuole vincere come si è sempre fatto, mettendo insieme tutto e il contrario di tutto, con l’inevitabile conseguenza di non potere governare. Oppure si vuole vincere per governare e fare il bene della città? Se si vuole trionfare a tutti i costi per vana gloria, allora è meglio lasciare perdere.  Viceversa se si vuole ottenere una seria vittoria per fare il bene comune, allora è un altro paio di maniche.   Certo è più facile vincere  arruolando tutti anche quelli che si dicono di sinistra ma hanno il portafogli a destra,  ma noi crediamo che Randazzo non meriti un simile trattamento.
Perché una seria coalizione di centro-sinistra si formi, la principale condizione però, è questa:  uscire dal conformismo, esprimere una concezione nuova e originale di partecipazione politica non più ancorata a vecchi schemi. Sollecitare e ricercare il coinvolgimento di tutta  l’area politica e culturale coincidente o affine al centro-sinistra.
Quindi, se vogliamo iniziare un discorso serio, facciamolo, ma se il centro-sinistra, o meglio il PD, continua a camminare sulla strada scelta negli ultimi tempi, rischia di non andare da nessuna parte, trascinando anche Randazzo alla rovina.
IDV CIRCOLO DI RANDAZZO.
   

sabato 16 giugno 2012

"Per dopo?"



Il  cameriere si accosta al tavolino del  ristorante, dove due signori, l’anziano e il giovane, stanno mangiando i tagliolini con i funghi . E chiede:
“Scusino signori". "Per dopo?” Il signore anziano ha uno scatto di impazienza. “Senti. Siamo ancora qui con il cucchiaio in mano. Lasciami finire. Passaci il menù, ma lasciaci finire.”
“Come vuole, signore.”
Il signore anziano spiega: “Non c’è niente di più detestabile, per me, di questa premura, di questa urgenza dei camerieri, per farti ordinare. E pazienza se il locale fosse affollato, e avessero la necessità di  fare liberare dei tavolini. Ma non c’è nessuno!”
“Eppure”, osserva il signore giovane, “guardi. Appena i camerieri  fanno la stessa domanda:  ‘Per dopo?’  a qualche altro avventore, tutti si mettono a cercare affannosamente, sul menù, ciò che possono mangiare. E’ come se il cameriere desse loro un ordine.  E corrugano la fronte, e stringono le labbra nello sforzo di riflettere sull’avvenire. Ce ne sono di quelli che si prendono la testa tra le mani, come altrettanti fratelli, vestiti nella locanda, del Penseur di Rondin , che invece è nudo , e sta di solito in mezzo ai giardini pubblici.” 
“Gli individui che alla domanda ‘Per dopo?’  si mettono a studiare il menù, e a meditare che cosa scegliere, se tu gli presenti il ‘Per dopo?’  in politica vanno in confusione mentale. Si stringono nelle  spalle, e ti dicono: ‘si vedrà’.  La città vive ormai una vita esclusivamente fisiologica; e quindi i progetti per l’avvenire sono alquanto incerti.
“ Ma, forse dipende anche dal fatto che, in politica,  la scelta di ciò che si può mangiare ‘dopo’  è più difficile più complicata, più faticosa.”
“Dì piuttosto, replica il signore anziano, dì piuttosto un’altra cosa , più vera: ed è che, ormai, la scelta sul menù politico, si va sempre più restringendo.  Vedi Randazzo sta mangiando, da quindici anni,  sempre la stessa rancida minestra. Voglio dire che sta sorbendosi la minestrella in brodo delcampiano.  E ne è stufa! Ma quando le si presenta il cameriere a chiederle:  “E per dopo?”  si spaventa  e teme che se tenta il nuovo il cameriere le annunzi:  ‘ C’è ancora soltanto quel tale piatto signore: il pasticcio di Pd alla randazzese;  e ora glielo servo immediatamente. E perciò Randazzo finisce con l’ordinare un’altra porzione di minestrella in brodo delcampiano.    La ordina a malincuore, la ordina a mezza bocca, senza persuasione, ma la ordina. E questa è la ragione per cui alle ultime amministrative Ernesto Alfonso ha vinto.
“E ora, che cosa crede che ordinerà Randazzo la prima volta che le chiederanno :  ‘E per dopo?’”
“Ah, non c’è dubbio: anche questa volta potrebbe ordinare minestrella delcampiana, e se ne sorbirà un’altra fatale porzione.  Ma non c’è da confondersi:  perché forse questo non avverrà.  I segni  infatti di  intolleranza per la minestrella sono sempre crescenti, e sempre più forti. E si avvicina il momento in cui Randazzo stanca, stufa, con il voltastomaco, risponderà:  ‘Ma portatemi in tavola quello che volete, purché non mi mettiate più dinanzi questa scodella di minestrella’. E il cameriere le servirà finalmente una bella porzione di pasticcio  alla randazzese, con abbondante salsa a base di mangionese, lavorata secondo la famosa ricetta del trio Lescano.  E Randazzo se la dovrà trangugiare, scottandosi  la lingua e il gorgozzule.”
“Ma potrebbe anche darsi, mi perdoni, che Randazzo, stufa della minestrella , si scelga uno spezzatino, e che il cameriere glielo serva.”
“Bravo. Qui ti aspettavo. Vedo che segui il mio parlare per immagini e per metafore. Sissignore. Si dice che c’è anche pronto, da tempo, in cucina un buono, casalingo spezzatino: lo spezzatino autonomista.  Ma in realtà giù in cucina, da tempo, di spezzatino, di vero spezzatino alla casalinga, non se ne cucina più. C’è soltanto pasticcio alla randazzese.  E lo spezzatino che è servito a tavola non è consigliabile, serve solo ad allenare il palato alla mangionese lavorata secondo l’antica ricetta del trio Lescano, che per la verità è poco appetibile. In altre parole, quando Randazzo, stufa della minestrella  delcampiana ,  non potendo ordinare lo spezzatino autonomista;  è il pasticcio alla randazzese con mangionese  che dovrà divorare.”
“Se è così Randazzo non sarà mai tanto pazza da cambiare.”
“E tu dici, allora, che continuerà a ordinare e sorbirsi la minestrella delcampiana? E’ un errore gravissimo. Vedi. Di una cosa sono certissimo: Randazzo non può andare a lungo innanzi come va ora. I delcampiani da soli non la possono tenere. E’ impossibile. Non hanno la capacità vorrei dire fisiologica; e non ne hanno l’autorità morale. Prima di tutto, essi sono rovinati, nel giudizio del popolo randazzese, dal sospetto di dipendere dai brontesi, di essere il partito dei firrarelliani , di obbedire agli ordini del grande capo brontese, e questo sospetto alla lunga ha scavato loro il terreno sotto i piedi. Poi questi non posseggono il senso delle istituzioni. Al massimo posseggono il senso degli affari . Infatti essendo così intimamente deboli , hanno bisogno,  e lo sanno, della tolleranza generale, anche, e soprattutto, dei loro avversari, ed è perciò che nessuna amministrazione loro potrà mai essere autorevole.  Sarà sempre basata sul lasciar correre, sul chiudere gli occhi, sulla indulgenza che finisce con l’essere un premio alla negligenza  e alla incapacità, e bada, senza colpa specifica di nessun uomo politico determinato, ma per  colpa delle cose.”
“Che quadro!”
“E’ un brutto quadro lo so. Ma è il quadro esatto. Ora la città ha un bisogno organico, fisiologico, assoluto di gente autorevole e capace. Ne ha bisogno, come certi organismi hanno bisogno di certe vitamine. Ha bisogno di autorevolezza, di serietà, di onestà, per imparare a lavorare seriamente, a tirare su i giovani da uomini, a non restare troppo indietro nella grande, tremenda  gara di energia che c’è nel  mondo , oggi.  Ha bisogno di importanti capacità per non diventare un sobborgo di Bronte.”    
A questo momento, si ripresenta al tavolo dei due il solito cameriere, il quale ripropone, inesorabile come il destino, la solita domanda:
“E per dopo, signori?”
Il signore anziano vuole chiudere la conversazione diventata troppo seria, con uno scherzo. E chiede al cameriere:
“Ce ne avete di pasticcio alla randazzese con mangionese?”
“Ce ne abbiamo dell’ottimo signore. Lei lo può vedere dal menù. C’è pure con mangionese piccante, mangionese di fuoco.”
“Ebbene. Allora per me un’altra porzione di tagliolini con i funghi…..E per il signore che è giovane, e si deve abituare, una bella porzione di mangionese secondo l’antica ricetta del trio Lescano.”    

                                                                                                               Rosso di Sera