sabato 26 febbraio 2011

Faber est suae quisque fortunae.


Randazzo una città medievale: quante volte ce lo siamo sentiti ripetere da quel salesiano che ci insegnava italiano, storia e geografia. 
Da dietro la cattedra, tra una preposizione semplice e un’articolata ci diceva: Randazzo deve sviluppare la sua vocazione turistica, lo dico a voi che siete le generazioni future e avete in mano il destino della città.
Noi ragazzi di terza media ingurgitavamo quel credo civico, né più né meno alla stessa maniera con cui acquisivamo le nozioni di fede che lo stesso sacerdote ci impartiva. Del resto come mettere in dubbio le parole di uno studioso universalmente riconosciuto, che aveva dato lustro alla nostra storia patria.
Poi negli anni settanta qualche scalmanato comiziante, osò sostenere che il futuro della nostra città era e restava nell’agricoltura. Povero ottuso credere che un’agricoltura di mera sussistenza potesse affrontare e affermarsi negli enormi mercati mondiali che man mano si aprivano dinanzi. Semplice follia.
Noi giovani eravamo certi delle nostre convinzioni, perché  inculcate da un uomo di straordinario talento: un tale don Virzì. 
Siamo cresciuti, e con noi è cresciuta la convinzione della vocazione turistica della nostra città; siamo entrati in politica e abbiamo continuato a sostenere la nostra ipotesi di sviluppo.
Abbiamo condiviso e sostenuto tutti  i programmi dove si parlava di turismo, sia che essi fossero di parte amica o di parte avversa.
Abbiamo applaudito quelli che hanno seguito, negli studi, la strada tracciata dal grande don Virzì, anche quando di nuovo c'era solo la veste tipografica, rispetto a notizie storiche già conosciute.
Tutto questo lavorio che ha coinvolto un’intera città è oggi quasi vanificato da un pezzo di carta che un assessore regionale, ignorante assai  in materia di storia ed arte, con grande arroganza si aggiunge ad  emanare.
Un pezzo di carta che può servire solo per il cesso, affinché chi di dovere ci si pulisca il culo. Perché non è con un pezzo di carta, che si cancella il fulgido passato  di una città che ha avuto un ruolo importante nella storia della Sicilia; non è con un pezzo di carta che si cancellano i magnifici monumenti della nostra città; non è con un pezzo di carta che si cancellano le aspirazioni di sviluppo di una popolazione.
Non saremo inseriti tra i 57 comuni a vocazione turistica della Sicilia nell’emanando decreto ,  non  usufruiremo dei  finanziamenti  comunitari messi a bando.  Ebbene chi se ne frega!  La nostra  città è sopravvissuta ai terribili bombardamenti  degli anglo-americani  e  non sarà certo il mancato arrivo di quattro merdosi contributi a rovinare le nostre esistenze.
Certo questa vicenda è l’indicatore di quanto vale la nostra classe politica: in sostanza niente. Una città guidata da un Sindaco piagnone, che sa solo dire: ricorrerò al TAR. Si campa cavallo!  
Un’altra umiliante mortificazione per la nostra città che subisce ancora una volta le conseguenze di una classe dirigente incapace, e che tra l’altro si porta dietro la disgrazia di essere schierata dalla parte sbagliata: con Firrarello contro il presidente Lombardo e il suo partito.
C’è poco da stare allegri perché Faber est suae quisque fortunae (ciascuno è artefice della propria sorte), e non vale nessuna tesi fatalista. Quando capiremmo che quell’apparente insignificante segno tracciato sulla scheda elettorale segna la sorte di ognuno di noi, solo allora  diverremmo padroni del nostro destino.     
Il Giaguaro di Tebe.

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