sabato 6 marzo 2010

LA FORZA DEL DESTINO.


“Se potessi andrei via”, pensavo da giovane, e la mia fantasia galoppava esageratamente altrove, ma era solo uno sfogo di immaginazione. L'unico sfogo possibile, necessario e salutare per noi che come servi della gleba ci siamo legati alla terra in cui viviamo: dove prima di noi hanno vissuto i nostri avi.
Forse abbiamo ereditato un triste destino: quello di soffrire in perpetuo. Soffrirono i nostri padri ed oggi soffriamo noi; goderono in pochi e ancora oggi in pochi godono. E' l'insostenibile fatica di vivere in una realtà sociale arida, ove le prospettive di una vita dignitosa si riducono sempre più.
Una classe politica ottusa, inetta, tornacontista ci guida inesorabilmente verso il nulla, verso l'annientamento totale della dignità, della cultura e del buon vivere sociale.
Le fonti culturali, economiche e civili si inaridiscono ogni giorno sempre di più, nella più totale ed assoluta indifferenza.
E' vero che ognuno è arbitro del proprio destino, ma è altresì vero che ognuno potrebbe essere condizionato da un sistema malsano e beffardo, che contrabbanda il piombo per oro colato; che irretisce in una nefanda sequela di modi arcaici il singolo e lo illude rendendolo incapace di scegliere bene.
Tutto questo non è un mero esercizio filosofico, perché coinvolge le nostre vite, il nostro modo d'essere, ci inchioda ad una realtà amara, faticosa e a volte inutilmente vissuta.
Mi chiedo cosa può significare per un giovane avere conquistato una laurea e pensare di fare, degli studi compiuti, una scelta di vita professionale a Randazzo. Quasi certamente il suo totale annientamento, culturale, sociale ed economico. Una vita grama vissuta con quel poco che passa il governo per intenderci “un certu campare pi non muoriri”. Chi può biasimare i nostri giovani che vanno via, che si sottraggono ad una realtà che nulla offre, che vanno incontro ad una umanità che non conoscerebbero mai restando qui, che cercando altrove, trovano la loro realizzazione professionale.
E non è solo una questione economica, ma proprio di qualità della vita; di una vita migliore, aperta, moderna, forse anche entusiasmante, che ti fa amare e ti dà una sensazione di profondo piacere per tutto quello che fai.
Cosa potrebbe dire il signor Sindaco ad un giovane laureato, credo nulla, perché la realtà che è chiamato a guidare per la seconda volta nulla può dare.
E la colpa di chi è? forse di Garibaldi che fece l'unità d'Italia? Oppure delle crisi economiche che nel tempo si sono periodicamente susseguite? E' Troppo comodo dire NON POSSO FARE NULLA, per colpa della crisi mondiale, il guaio è che nulla avrebbe potuto fare anche se la crisi non ci fosse stata. Perché nulla è stato capace di fare nei cinque anni in cui ha già ricoperto la carica di Sindaco.
Solo parole, ostentata finzione di una capacita ordinaria o forse mediocre, non in grado di incidere anche per un solo millesimo di secondo sulle nostre vite sul nostro modo faticoso di vivere.
Qualcuno dice che siamo solo dei costruttori di critiche, ma va eccepito che noi non siamo stati chiamati a governare; chi ha la croce la porti fino in fondo senza lamentazioni, lasci da parte lo stabat mater e mostri di avere gli attributi. Allora, solo allora daremmo atto dei meriti: oggi possiamo riferire solo dei demeriti, che sono tanti a tal punto che potremmo scrivere un opera enciclopedica.
Qualche altro dirà che siamo sempre i soliti sinistroidi inconcludenti e per questo perdenti. Forse entrambe le cose sono vere, probabilmente possediamo un'anima di sinistra ed è cosa di cui andiamo fieri perché ci consente di essere uomini liberi. Noi non viviamo in campi di concentramento. Le nostre decisioni sono prese alla luce del sole, il nostro avversario le conosce prima di noi. Per questo continuerà sempre così, sempre, sempre: continueremo a perdere tutte le battaglie, e vincere tutte le guerre quando le orde di Attila si lanciano (cioè, sono lanciate) all'attacco.
                                                                           Rosso di Sera.

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