giovedì 7 ottobre 2010

ENERSTO ALFONSO IL CANTASTORIE.



In una nota alle “Tradizioni cavalleresche popolari” il Pitrè spiega: “I vocabolaristi italiani hanno soltanto la voce cantastorie per significare colui che per sua arte va attorno cantando al popolo storie e leggende…… ma, ben diversa, è in Sicilia il cantastorie: ecco perché io uso questa voce non registrata nei vocabolari”.
Cantastorie, infatti, è chi al popolo racconta storie; chi per riallacciarsi al Pitrè, ….sopra una specie di predella, narra imprese romanzesche, con declamazione spesso eccitata, più spesso affannosa, intenzionalmente oratoria; talora lenta, alcuna volta mutata d’improvviso in discorso familiare e rapido. In tanta concitazione, egli dà un passo addietro, un altro in avanti, levando in alto, quanto più alto può, i pugni chiusi…….
Il cantastorie, insomma, è oggi l’amministratore comunale di turno che si presenta in televisione, paragone particolarmente calzante, quando si tratta di Ernesto Alfonso il Sindaco.
Sia perciò, ringraziato il  democratico tubo catodico, che ha restituito alla città un personaggio mancante dai tempi delle famose apparizioni di Orazio Strano: il più grande cantastorie della Sicilia orientale.
Gi attuali cantastorie non sono più analfabeti ma, fedeli alla loro vocazione, raccontano storie. Tutti.
I cantastorie parlano quindi ad un pubblico attento ma sempre più perplesso, perché confuso da una furbesca mistificazione della realtà, a tal punto da non riuscire più a capire, se gli oratori stiano parlando della nostra città o di una realtà a noi completamente estranea. Essi riescono ad ingenerare una tale confusione di tempi, luoghi, cifre, da mettere il telespettatore nella condizione di rendersi facilmente conto che trattasi solo di storie.
Nelle ultime apparizioni televisive di Ernesto Alfonso il Sindaco, mancava solo il cartellone con ivi raffigurati i vari episodi della storia narrata; la chitarra, perché la narrazione in parte è cantata, e cosi avremmo avuto un cantastorie in tutto e per tutto.
Forse piace, ascoltare roba che mai ci sognavamo di potere udire. Ma buona parte di ciò che viene detto è un mero esercizio retorico, in altre parole balle, ma balle in grande stile.
Certo rispetto a quanto scritto nel programma elettorale di Ernesto Alfonso un certo ridimensionamento di obiettivi  si nota in maniera evidente. Non si trattano più tutte le formidabili ipotesi di sviluppo della città, perché si è reso conto che  è roba da titani. E invece egli è circondato solo da nani, sì nani: che al massimo possono fare da badanti a Biancaneve.
E anche se i nani sono finalmente sette anziché sei, e anche se alcuni sono stati sostituiti: sempre nani sono.
Cosa possono dare dei nani della politica? Nulla, se non qualche favore di piccolo cabotaggio, magari la firma su un certificato o l’interessamento per un sussidio: così inizia e si esaurisce l’azione politica dei nani.
E poi se Ernesto Alfonso vuol andare in televisione per spiegarci, fornito di chitarra e cartellone, come il suo principale brontese pensa di mandare a casa il governatore Lombardo, gliene saremo grati. Infatti è da oltre un anno che il signore di Bronte rassicura i suoi che l’esperienza Lombardo è alla fine. E non solo, perché, con atteggiamento profetico, dà pure le date della  cacciata. Ma miseramente ogni previsione, fino ad oggi, è fallita.
Caro Ernesto Alfonso a noi sembra che sia inutile sperare nella fine del governo regionale, perché Lombardo ha la pelle dura, pertanto, essendo il nostro paese catalogato tra quelli a totale influenza Firrarelliana, ci sarà ancora molto da soffrire.
                                                                    Rasputin



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