mercoledì 13 ottobre 2010

IL PARERE DEL TRIBUTARISTA.


Un Comune ingiunge a un contribuente di pagare per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2009 a seguito di "avviso di pagamento", la somma di xxxxx euro, oltre sanzioni e interessi. Il Comune non è decaduto dalla possibilità di esigere il credito, in quanto questo diritto non è stato esercitato nei termini di cui all'articolo 72 del Dlgs 507/93? È proponibile un ricorso in Commissione tributaria?

L’imposizione ci sembra illegittima. Trattandosi, però, di tassa sui rifiuti, l’itinerario argomentativo per approdare a questa conclusione è già di per sé tortuoso, ed è reso ancor più contorto dall’impiego dell’ingiunzione al posto del ruolo.
Proviamo ad illustrarlo.
L’articolo 72 del Dlgs 15 novembre 1993, n. 507 dispone che i ruoli di riscossione della tassa sui rifiuti sono soggetti ad un termine di decadenza, che spira alla fine dell’anno successivo a quello nel corso del quale è stata presentata la dichiarazione o è stato notificato l’accertamento. Poiché, però, la dichiarazione di inizio occupazione vale anche per gli anni successivi (cosiddetto “effetto ultra attivo” della denuncia: articolo 70, Dlgs 507), la tassa relativa agli anni per i quali non c’è obbligo di reiterare la denuncia va iscritta a ruolo entro la fine dell’anno successivo a quello per il quale è dovuta. In base a questa disposizione, mi si chiede se il Comune è decaduto dal potere di esigere le tasse per il 2005, 2006, 2007 e 2008 , non avendole iscritte a ruolo entro la fine del 2006,2007, 2008 e del 2009. Affrontiamo prima questo problema, e tralasciamo un attimo l’ulteriore complicazione dovuta all’impiego dell’ingiunzione invece del ruolo. L’abrogazione delle decadenze legate alla data d’iscrizione a ruolo.
A) I tributi erariali.
Secondo un orientamento giurisprudenziale pacifico (per tutte: Corte costituzionale, sentenza 15 luglio 2005, n. 280), la formazione e l’invio dei ruoli all’agente della riscossione è, ormai, un mero atto “interno” della pubblica amministrazione, che il contribuente non è in grado di controllare per verificare il rispetto dei termini di decadenza. E ciò a differenza di quanto accadeva prima della riforma della riscossione attuata con il Dlgs 26 febbraio 1999, n. 46, quando l’approvazione dei ruoli e la loro consegna agli esattori s’inseriva in una catena procedimentale in cui il termine finale per compiere un atto segnava anche il termine iniziale per compiere l’atto successivo. Poiché l’atto finale ed “esterno” del procedimento di riscossione è la notificazione della cartella, è a questa che il legislatore deve far capo per garantire che il contribuente non resti indefinitamente esposto all’esecuzione fiscale. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con la medesima sentenza 280 del 2005. Ma aggiungendo pure che il termine iniziale – da cui far partire il successivo termine di decadenza per notificare la cartella - non può identificarsi nella data, non controllabile da parte del contribuente, di invio dei ruoli all’esattore. Per adeguarsi alla pronuncia della Consulta, con un primo provvedimento (articolo 1, commi 5-bis e 5-ter, del Dl 17 giugno 2005, n. 106) il legislatore ha completamente sovvertito la disciplina delle decadenze per la riscossione delle imposte sui redditi (nonché delle relative addizionali, dell’Irap e dell’Iva), ancorandole non più alla data di iscrizione a ruolo, ma alla successiva notificazione della cartella al contribuente. In tal senso: a) è stato soppresso l’articolo 17 del Dpr 29 settembre 1973, n. 602, che scandiva i tempi di decadenza per l’iscrizione a ruolo; b) sono stati previsti nel successivo articolo 25 i termini tassativi entro i quali occorre notificare la cartella, facendoli decorrere non più dalla formazione del ruolo, ma dall’anno di presentazione della dichiarazione, o da quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.
B) I tributi locali.
Il decreto legge del 2005 lasciava privi di regole tutti i tributi locali la cui riscossione coattiva era soggetta a decadenza. Accanto al già menzionato articolo 72 del decreto 507 del 1993, si può citare - ad esempio, in materia d’imposta comunale sugli immobili - l’articolo 12 del Dlgs 30 dicembre 1992, n. 504, che, nel testo in vigore fino al 2006, imponeva di iscrivere le somme accertate dal Comune in ruoli «formati e resi esecutivi non oltre il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'avviso di liquidazione o l'avviso di accertamento sono stati notificati». L’opera avviata dal legislatore con il decreto legge 106 si è compiuta con la finanziaria per il 2007. L’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha stabilito quanto segue:per la riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo (cartella o ingiunzione) deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo (comma 163); la norma si applica ai rapporti d’imposta “pendenti” al 1° gennaio 2007, data d’entrata in vigore della legge (comma 171).
Le “anomalie” della Tarsu.
Tutti i tributi locali, prima di essere iscritti a ruolo, devono essere accertati o liquidati dal Comune con apposito avviso: talvolta denominato di “accertamento”, talvolta di “liquidazione”. A questa regola, però, si sottrae la tassa sui rifiuti che, rispetto ad altri tributi, possiede alcune caratteristiche “anomale”:non esiste la denuncia annuale, nemmeno nella forma rudimentale dell’autotassazione, che peraltro l’ente locale non può introdurre con regolamento in caso di riscossione diretta (ministero dell’Economia e delle finanze, risoluzione 30 luglio 2002, n. 8/DPF); quando la tassa è liquidata in base a denuncia “ultra attiva” (presentata una volta, con effetto anche per gli anni successivi), il Comune non è tenuto a notificare al contribuente nessun avviso, né di liquidazione né di accertamento, prima di iscriverla a ruolo (ancora di recente: Corte di cassazione, sentenza 1 ottobre 2007, n. 20646). Poiché per riscuotere la tassa non esistono necessariamente né una dichiarazione annuale, né un atto autoritativo (d’accertamento o di liquidazione) dalla cui notificazione conteggiare il triennio (comma 163 della “Finanziaria” 2007), vi sono, e come si calcolano i termini di decadenza? Valgono ancora quelli stabiliti dall’articolo 72 del decreto 507 del 1993 (peraltro non abrogato con norma espressa), come chiede il contribuente? La risposta non la ricaviamo dalla legge, ma dalla giurisprudenza. Secondo la Corte di cassazione (sentenza 9 maggio 2007, n. 10590) «il titolo derivante dalla dichiarazione del contribuente equivale all'accertamento definitivo». Se la massima, enunciata per l’Iva, è estensibile ad altri tributi, compresa la tassa sui rifiuti, ciò c’induce a concludere che:
a) l’articolo 72 del Dlgs 507 è stato tacitamente abrogato, con effetto 1 gennaio 2007, nella parte in cui prevede il termine di un anno per l’iscrizione a ruolo della tassa dovuta in base all’accertamento;
b) il termine introdotto dal comma 163 è quello che disciplina la riscossione della tassa in ogni caso, e quindi anche di quella dovuta in base a dichiarazioni, anche ultra attive; e coincide, in questi casi, con la fine del terzo anno successivo a quello nel quale fu presentata la denuncia, o a quello per il quale la tassa è dovuta (denuncia ultra attiva);
c) il termine triennale non opera retroattivamente nelle situazioni in cui, in base alle disposizioni precedentemente in vigore, l’ente locale era già decaduto dal potere di riscuotere. Alla luce di quest’ultima affermazione, l’imposizione rivolta al contribuente – ossia l’ingiunzione con cui il Comune ha reclamato le tasse per il 2005, 2006, 2007 e 2008 – è intempestiva, non avendo l’ente locale formato il ruolo, rispettivamente, entro la fine del 2006,  2007, 2008 e 2009, in violazione del termine di decadenza comminato dall’articolo 72 del decreto n. 507. Su questo presupposto, ed alla luce di altri principi giurisprudenziali incontestati, il ricorso lo faremmo. Infatti: i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo andavano osservati anche sotto l’imperio di norme per le quali la formazione e la trasmissione dei ruoli all’agente della riscossione sono meri atti “interni” della Pubblica Amministrazione; incombe sull’ente impositore l’onere di provare in giudizio d’aver compiuto tempestivamente atti idonei ad impedire la decadenza.
IL PUNTO: IL TITOLO INIDONEO È PRIVO DI EFFETTI INTERRUTTIVI. Di fronte a una simile contestazione, il Comune si difenderà eccependo che ha adottato la riscossione diretta; che il titolo esecutivo non è il ruolo ma l’ingiunzione; che, pertanto, non può invocarsi la decadenza comminata dalla legge per la formazione del ruolo. È sostenibile una simile argomentazione? Ricordiamo che l’istituto della decadenza è volto a stabilizzare le situazioni giuridiche, anche tributarie. Il contribuente ha interesse a sapere se la sua posizione è definitiva, o se il fisco può ancora modificarla. Essendo la decadenza funzionale al superiore interesse pubblico della certezza dei diritti, non la si può eludere solo perché il Comune ha approvato il regolamento sulle entrate. È, pertanto, ininfluente che il titolo esecutivo sia l’ingiunzione, non potendo ciò tradursi nella compressione dei diritti del contribuente.Peraltro, l’articolo 2966 del Codice civile è molto rigoroso quando afferma che “la decadenza non è impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge”. Il codice non ammette equipollenti, né ne concede la normativa sul potere regolamentare (articolo 52, comma 6, del Dlgs 15 dicembre 1997, n. 446). Proprio a voler conciliare il codice con le potestà regolamentari, l’unico modo di scongiurare la decadenza era, caso mai, quello di notificare l’ingiunzione entro la fine dell’anno successivo a quello per il quale erano dovute le tasse. Ma nemmeno così è avvenuto. Da questo punto di vista, è anche insignificante che il Comune abbia emesso “avvisi di pagamento” rimasti insoluti. Simili avvisi non sono previsti dalla normativa; e, alla stregua di tutti gli atti amministrativi estranei ai modelli legali, sono inidonei ad interrompere la prescrizione (Cassazione, 17 marzo 2005, n. 5798). A maggior ragione non hanno impedito la decadenza che, a differenza della prescrizione, non è nemmeno soggetta ad interruzione (articolo 2964 del Codice civile). Infine, l’imposizione sarebbe parzialmente legittima se si ritenesse applicabile il termine triennale della Finanziaria 2007. Si salverebbe, infatti, solo la tassa per il 2007, 2008 e 2009.

2 commenti:

  1. Siamo alle solite !!
    Invece di agire ci perdiamo in mille chiacchiere .
    Bello il parere del tributarista !!! Molto interessante ma io non c’ho capito un cazzo !!
    Perchè invece di cianciare, di scrivere immense pagine e di menare il can per l’aia non si fa la cosa più semplice ?
    Basta con le dovute motivazioni fare un bel ricorso al TAR e visto che ci sono tutte le motivazioni ottenere la sospensiva e l’annullamento di questa procedura.
    Ma a che cazzo servono i sindacati , i Movimenti politici non allineati e non proni ad Alfonso (vedi attuale opposizione) se non ad informare i cittadini e ad avviare quelle procedure in sua difesa che il cittadino da solo non riesce a fare.
    Come pensa l’Italia dei Valori ad ottenere consensi nella cittadinanza se non si intesta queste battaglie ?
    Forse con delle passeggiate in piazza ???

    PEDRITO EL DRITO

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  2. dobbiamo essere grati a idv che ha cercato di trovare una soluzione per non far taglieggiare i cittadini, ora speriamo che questa pseudo amministrazione torni indietro, ma ci credo poco dobbiamo attrezzarci con l' aiuto dei partiti, sindacati,per trovare una soluzione speriamo anche nell' idv che si è dimostrata finora una forza politica meno collusa con questi

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