venerdì 5 febbraio 2010

BOLLETTE DA CAPOGIRO.

In questi giorni ci sono state recapitate le bollette del servizio idrico comunale.
Tutti i cittadini hanno potuto constatare il notevole aumento rispetto all'anno scorso, che non è certo da imputare ad una lievitazione dei costi per la gestione dell'acquedotto, ma alla ormai arcinota abitudine dei nostri amministratori di fare cassa su tutto, per incrementare gli introiti del Comune. Deprecabile abitudine, che per essere esercitata si serve dell'utilizzo delle tasche di tutti noi cittadini. E mentre il patriarca romano (Silvio Berlusconi), ad ogni manovra finanziaria, prima di qualsiasi suo dire proclama: “di non aver messo le mani nelle tasche degli italiani” e poi, di quella, ne spiega il contenuto. I suoi adepti, governanti della nostra città, candidamente, come se nulla fosse, si sono specializzati nell'attingere dai nostri incolpevoli portafogli, immiserendoli sempre più.
Qualcuno dirà, che i nostri amministratori non sono tanto distanti dal loro mirabile capo nazionale, il quale predica bene ma razzola male, essendo le nostre finanze sempre più povere, nonostante i proclami sbandierati ai quattro venti.
Ogni occasione è buona per incrementare le casse comunali, ora viene usato il cimitero con la storia delle concessioni scadute, che vanno rinnovate versando un certo obolo, ora vendendo gli immobili di proprietà comunale, ora con l'aumento della bolletta dell'acqua. Insomma tutto si fa per mantenere a galla le finanze comunali e consentire ai nostri amministratori di potere continuare a godere, a nostre spese, delle varie indennità di carica da loro percepite.
Certo che aumentare il costo dell'acqua è la stessa cosa di un tempo quando iniqui amministratori imponevano la tassa sul macinato. Il pane e l'acqua sono due componenti essenziali del nostro vivere quotidiano, generi di prima necessità, dei quali non se ne può fare a meno. Salvo volerci indurre a risparmiare anche l'acqua; riducendone il suo consumo al fabbisogno strettamente necessario: solo per cucinare e bere. E l'igiene personale? magari una volta l'anno o al massimo ogni sei mesi. Certo si porrebbe un problema serio, di carattere igienico-sanitario, perché resteremmo città d'arte, ma piena di cittadini sporchi e maleodoranti. E poi c'è il gravissimo problema dello sciacquone del cesso; lì la cosa si complica, forse occorrerà commissionare uno studio, per trovare soluzioni che, ci consentano di economizzare l'uso del costoso liquido in occasione dei bisogni fisiologici. Oppure potremmo riacquistare la sana e buona abitudine di andare all'aperto a soddisfare i nostri bisogni.
Sono tutte idee e suggerimenti sommariamente abbozzati, ma che possono tornare utili per risparmiare sulla bolletta dell'acqua. Vedremmo, se qualche associazione di consumatori, riterrà opportuno realizzare una guida specifica, che aiuti l'utente randazzese ad economizzare il più possibile le risorse idriche. E' chiaro che sarà difficile trovare soluzioni diverse da quelle sopra prospettate, ma non si sa mai con tutti gli scienziati che ci sono in giro (sic!).
Tornando al ragionamento serio e sintetizzandolo al massimo, non ci resta altro da fare che sollecitare i nostri amministratori a rileggere quanto scriveva padre Rosmini sui vizi della Costituzione. L'illustre filosofo riferendosi ai politici diceva, che questi non devono spremere troppo le casse dello Stato (nel nostro caso il Comune), ma ricevere da questo soltanto una modestissima retribuzione. Le indennità percepite dai nostri amministratori, sarebbero considerate un abuso dal Rosmini, ma è inutile continuare a deplorarle visto che cosa fatta capo ha.
                                                                        Rasputin

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