venerdì 22 gennaio 2010

A PROPOSITO DI RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI.

Da semplice cittadino randazzese, e non so quanto veramente valga la pena definirsi così. ( Un tempo al solo pronunciarlo fuori dalle nostre mura e dal nostro territorio si veniva guardati dagli ” altri “ con un senso di stima, di rispetto e forse anche di invidia nei confronti della città di cui si era figli ). Randazzo era Randazzo, e sottolineo era “, LA CITTA’ “, con la sua storia, le sue tradizioni, la cultura, la maestosità e unicità dei suoi monumenti e delle sue opere d’arte, anche se mutilata in tanta parte dagli eventi bellici e ancor di più dalla mano vandalica di molti suoi cittadini.
Non starò qui   ad    elencare   tutte   le    grandi       opportunità,  i cosiddetti    “ Treni “, che in oltre sessant’ anni si sono persi e che oggi avrebbero consentito a noi tutti, e domani ai nostri figli, di vivere in una cittadina a misura d’uomo senza la necessità, forse, di dover elemosinare, ai vari “ Politicanti “ di turno, una sistemazione o un posto di lavoro. Tanti ne sono passati di questi treni e noi anzicchè prenderli non abbiamo trovato di meglio, quando si fermavano, che caricarvi un po’ della nostra “ roba “ e spedirla altrove.
Ma non è di questo che voglio parlare, quel che si è perso, si è perso, e non tornerà più indietro. Come giustamente dicevano i nostri anziani “ Cianciri u mortu su lacrimi persi “. Voglio invece soffermarmi su piccolissime e banalissime cose che, forse perché tali, non vengono neanche prese in considerazione dai nostri “ solerti “ Amministratori, Consiglieri e Storici di turno. Eppure si tratta di cose che non comportano spese enormi, certamente non sostenibili dal nostro disastrato e disgraziato Comune, ma che ci consentirebbero, se non di recuperare, almeno di non perdere del tutto parti di quel poco patrimonio artistico e monumentale che ci è rimasto e che continua, per non curanza, ad andare in malora.
Caro Sig. Sindaco e caro Assessore ai Beni architettonici, per quello che successivamente elencherò basterebbe solamente un po’ di buona volontà, quella che purtroppo vi manca, e solamente qualche decina di euro. Avete capito bene . . . . non decine di migliaia di euro, ma decine di euro.
Volendo ritornare al famoso programma, così scriveva il nostro Signor Sindaco parlando del centro storico e dei beni architettonici:
“La riqualificazione e la valorizzazione del nostro “Centro Storico” sono subordinate ad un’analisi dettagliata del contesto territoriale ed al rilievo critico delle risorse locali.
. . . . . . . . . . . . La proposta ha lo scopo di integrare, entro i vincoli della tutela, la valorizzazione del patrimonio con la promozione dell’offerta turistica, secondo i seguenti obiettivi:
. . . . . . . . . . .
assegnare visibilità a tutti i beni culturali e naturali in un sistema organizzativo unitario;
. . . . . . . . . . . .
continuare nell’opera di recupero e riqualificazione del tessuto urbano medievale, attraverso la sistemazione di altre strade e viuzze.”
Ma a quanto pare se ne è scordato, ha altro a cui pensare. Ad ogni buon conto saremmo anche disposti a giustificarlo, visto che di queste “ cosucce “ si dovrebbero occupare i “ grandi uomini “ che a ciò sono stati delegati e di cui si è attorniato. Ma forse anche questi hanno altro a cui pensare: devono fare politica, scrivere, preparare convegni, partecipare a riunioni e manifestazioni, insomma  rendersi. . . . visibili, in modo che la storia cittadina, un domani, possa annoverarli tra i suoi figli prediletti. Nel frattempo però ciò che resta dei nostri amati monumenti và in malora e continua inesorabilmente a sgretolarsi. Strano che il Sig. Sindaco non chieda conto di quanto venga fatto in relazione alle deleghe e agli incarichi dati. Vorrei ricordare allo stesso, se se ne fosse dimenticato, che quando arriverà il tempo, gli elettori il conto lo presenteranno a Lui e non ai suoi    “ solerti collaboratori “, che nel frattempo si sono fatti i ….. azzi loro.
Ma torniamo alle poche decine di euro che consentirebbero di salvaguardare e di non far ulteriormente deteriorare un bel po’ di monumenti.
Mura di cinta:
E’ noto che le erbacce provocano lo sgretolamento continuo della malta che tiene unite le pietre che le costituiscono. Basterebbe togliere tali erbacce un paio di volte all’anno e risistemare le poche pietre mancanti. Se non erro il Comune è opportunamente attrezzato per tali lavori.
Porta Aragonese:
Gli spalti sono sempre ricoperti di erbacce che nascondono anche i faretti sistemati qualche tempo fà, non consentendo neanche la proiezione della luce.
Piccoli lavori di manutenzione alle chiesette sconsacrate:
E’ una vergogna vedere come continui a marcire la porta di ingresso in legno della chiesetta di San Vito, la più antica rimastaci. Sarebbe bastato tinteggiarla con olio di lino si e no ogni due o tre anni ed essa sarebbe ancora li in bella mostra. Per non parlare poi del bidone di spazzatura sempre presente nei pressi della chiesa, . . . una vergogna!
La stessa cosa dicasi, relativamente al muro che dà sul lato della nazionale, della chiesa del Signore della Pietà, o del portale di ingresso della chiesa di San Bartolomeo.
Finestra in arenaria di Piazza della Basilica:
Nel corso dei secoli gli agenti atmosferici hanno completamente sfaldato soprattutto i blocchi alla base della finestra, che rischia di crollare. Della sabbia gialla mista a malta bianca e cemento, opportunamente dosate, ripristinerebbe la parte sgretolata della base della finestra, salvando un esempio mirabile di arte   del cinquecento. ( Un lavoro più mirato e duraturo, quale la sostituzione delle due pietre alla base, sarebbe più auspicabile ).
E così via dicendo.
Si tratta, caro Sig. Sindaco, di piccoli interventi mirati che lo stesso personale del comune, con un po’ di oculatezza, potrebbe effettuare con il costo di qualche decina di euro di materiale solamente.
                                                                     Manicola d’oro





1 commento:

  1. ahahahaha mi sa che è chiedere troppo, cultura, arte storia in genere non sono fra gli interessi di questa destra che si dice del fare. Ma del fare cosa non si sà ne si capisce.

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